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YOUTH, LA GIOVINEZZA di Paolo Sorrentino

 

youthdi Sabrina Sciabica (AG. RF. 20.05.2015)

(riverflash) – Un uomo che cerca instancabilmente “sparuti sprazzi di bellezza” che possano giustificare l’esistenza umana, così avevamo lasciato Sorrentino, con una meravigliosa alba sul fiume, nel cuore della città eterna, mentre una musica delicata scorreva (La grande bellezza, 2013). Lo ritroviamo in un hotel di lusso, con un personaggio ancora più in là negli anni, in vacanza in un luogo incantano, tra le montagne svizzere, insieme a una serie di personaggi stereotipati, alcuni più buffi, alcuni più tristi.

Il contrasto è una costante nella sua regia, nell’accostamento di scene mozzafiato – come le vette innevate o piazza San Marco in notturna invasa dall’acqua – con immagini fortemente negative – come i corpi invecchiati o la prostituzione.

Anche l’idea di ricercare una location oggettivamente bella si ripete rispetto al precedente, pur spostando l’occhio verso il fascino e l’armonia della natura, mostrando comunque l’Arte nelle architetture di Venezia.

Youth è un pacchetto ben confezionato, un po’ ripetitivo nei temi: ancora una volta l’uomo maturo che riflette sul suo passaggio terreno cercandone un senso o una motivazione. Stavolta, però, è apatico, pigro, ha smesso di cercare. E’ diverso il punto di vista, come se fosse a ritroso, dalla fine all’inizio, dal presente al passato. E si sottolinea, qui, la differenza abissale tra vecchiaia e giovinezza anche se, nonostante la malinconia di chi ricorda il passato e lo rimpiange, c’è ancora speranza, perché la vecchiaia non è una malattia, anzi può essere un tempo dedicato interamente a  se stessi.

A questo proposito, nell’età in cui anche l’amore va in pensione, in una fase in cui la lentezza e la noia sembrano alternarsi, un grande supporto può venire dall’ironia, ed è molto apprezzata anche perché è una piacevole novità (ad esempio nelle varie scene che rappresentano Maradona). Nella scena della farmacia quasi fosse un pub dove due vecchi amici comprano sciroppi al posto di birre, c’è una simpatica voglia di giocare con i problemi quotidiani dell’età che avanza.

Ancora protagonista per il regista italiano è la Musica che sostiene la sceneggiatura e lega profondamente i personaggi; per Michael Caine, il protagonista, è una ragione di vita, è presenza costante. Eppure  ha troppo poco spazio, perché la scena del maestro che dirige la natura è una delle più emozionanti e sarebbe stato interessante anche sviluppare di più il rapporto tra anziano maestro e piccolo allievo.

C’è una grande difesa del Cinema, contrapposto alla televisione che porta soldi agli attori ma pochi contenuti agli spettatori. Ed è profondo e poetico il legame tra cinema e teatro quando Harvey Keitel, il regista deluso, afferma  “siamo solo comparse” richiamando una celebre frase del Bardo (“Tutto il mondo è un teatro e tutti gli uomini e le donne non sono che attori”, As you like it, di W. Shakespeare).

Bravissimi attori in un perfetto primo tempo pieno di atmosfere sospese, di leggerezza, di scene soavi, di ottimismo. Si perde molto – ed è un peccato – nel secondo, forzatamente drammatico poiché è banale fare della morte un personaggio fisso.

Anche in Youth la Bellezza è tanto reale quanto inafferrabile; è nell’armonia della natura, nella perfezione del corpo di una donna, nella melodia di una “canzone semplice”, nel calore dei rapporti umani, amore, amicizia, famiglia. È, soprattutto, nelle emozioni che sono “tutto quello che abbiamo”.

Con le sue immagini incantevoli e affascinanti, Paolo Sorrentino è ancora capace di emozionare  quindi questa sua settima pellicola è, comunque, consigliata.

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