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Transcendence: Johnny Depp alla prova delle distopie fantascientifiche

Transcendencedi Mattia S. Gangi (AG.RF 13.04.2014) ore 15.00 (riverflash)- Il genere fantascientifico è sin dai suoi esordi uno dei più fecondi e, contemporaneamente, più abusati della produzione hollywoodiana. Considerato letteratura di serie B, fondamentalmente legata alle collane “per ragazzi”, la fantascienza ha infatti guadagnato spazio e rispetto all’interno della critica internazionale grazie al Cinema; i contenuti altamente spettacolari, raccontati dalle pagine di autori quali Asimov, Dick e Gibson, sono stati infatti territorio di sperimentazione per Hollywood ed i suoi registi, grazie ai quali il genere ha oltrepassato i propri (sicuramente non voluti) limiti conquistando sempre più spazio nell’immaginario collettivo occidentale.

Parlare di fantascienza come genere unico oggi è però estremamente riduttivo. Esistono infatti diversi filoni che partono dall’intrattenimento fine a sé stesso (battaglie spaziali, guerre tra robot), passano per la fantapolitica e giungono in fine ad una profonda riflessione su temi etici, esistenziali e filosofici come la fortunata serie dei racconti sull’A.I. (Artificial Intelligence). Dopo il successo degli anni ’80 e ’90, riuscire ad inserire un contributo interessante in particolar modo in quest’ultimo filone (ricordiamo successi come A.I., L’uomo bicentenario, Neuromante, Matrix ed il recente Her) appare particolamente difficile, soprattutto se si è giovani ed alle prime armi. Non sembra però essere intimorito l’esordiente Wally Pfister, regista di Transcendence (nelle sale italiane dal 17 Aprile), con quella che si presenta al grande pubblico come una nuova riflessione sui limiti etici della sperimentazione sull’Intelligenza Artificiale.

Dalla sinossi ufficiale, presente sul sito www.transcendence.com, leggiamo gli elementi principali del racconto di Pfister: “Il dott. Will Caster (Johnny Depp) è il più importante ricercatore nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale, al lavoro per la creazione di una macchina senziente che comnini l’intelligenza collettiva del sapere universale con l’intera gamma delle emozioni umane. I suoi controversi esperimenti l’hanno reso famoso, ma anche il primo bersaglio di estremisti contrari alla tecnologia pronti a fare qualsiasi cosa pur di fermarlo. Ma, nel loro tentativo di distruggere Will, gli stessi estremisti diventano i catalizzatori capaci di spingerlo al successo: al diventare parte della sua stessa trascendenza. Per sua moglie Evelyn (Rebecca Hall) e il suo migliore amico Max Waters (Paul Bettany), entrambi colleghi ricercatori, il problema non diventa la possibilità di andare avanti, ma l’opportunità di farlo. Le loro peggiori paure divengono realtà quando la sete di conoscenza di Will si evolve in un’inarrestabile ricerca di potere, apparentemente senza fine. L’unica cosa che hanno terribilmente chiara è che non hanno alcun modo di fermarlo”

Il fulcro della narrazione sembra dunque essere focalizzato su dei delle tematiche care alla fantascienza classica: il rapporto uomo-macchina, rappresentato perfettamente dal mito del Robot e delle narrazioni cyber-punk (il dott.Caster, in fin di vita viene collegato ad un potente computer di cui diventa elemento interno, ricordando la tematiche dell’androide, parte uomo e parte macchina) e, in secondo luogo, i limiti etici della sperimentazione che conduce l’uomo al peccato peggiore, quello di ybris, con il quale, credendosi al pari della Divinità, scatena un inferno di problematiche difficilmente risolvibili. Il cast fa ben sperare in una produzione di qualità che, nell’epoca della tecnologia ubiquitaria (onnipresente), riporta in auge un genere sempre meno “fantastico” e sempre più vicino alla realtà.

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