SU RE….IL VANGELO “SARDO” DI GIOVANNI COLUMBU

(riverflash) – La “Sacher – Distribuzione” mette in scena questa ennesima “sfida” nel cercare di disegnare il profilo del figlio di Dio, da parte di Giovanni Columbu.

Al cinema la figura di colui che viene creduto essere il figlio di Dio è stata al centro di pellicole che non hanno mancato di provocare: scandalo, grande commozione o riprovazione. Pensiamo alla ricostruzione filologica di Pasolini “Il Vangelo secondo Matteo”, alla messa in scena pop (che personalmente non ci ha mai convinti)  di “Jesus Christ Superstar”, al film di Martin Scorsese con il provocante “L’ultima tentazione di Cristo” o al recente “La passione” di Mel Gibson. Quando si tocca il sacro e lo si mette in scena in modi che non coincidono con la piena ortodossia c’è sempre il rischio di incorrere in critiche feroci e serrate.

Non sappiamo, sarà forse per il periodo storico/sociale, che stiamo attraversando, che forse ci spinge e ci costringe ad essere o completamente stupidi e superficiali, come lo struzzo che insabbia la testa, oppure molto più sensibili e profondi, anche se questo ci causa più dolore, ma un’eventualità che per questo film ci siano feroci critiche, pare remota per il film di Giovanni Columbu, “Su Re”, il quale traspone la storia del Salvatore in un Sardegna scabra, rocciosa, segnata da un paesaggio che pare appartenere a una landa desolata in attesa di quell’acqua salvifica rappresentata dalla testimonianza messianica.

“Questo Credo è molto semplice, e suona così: credete che non c’è nulla di più bello, di più profondo, più simpatico, più ragionevole, più virile e più perfetto di Cristo; anzi non soltanto non c’è, ma addirittura, con geloso amore, mi dico che non ci può essere. Non solo, ma arrivo a dire che se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è fuori dalla verità e se fosse effettivamente vero che la verità non è in Cristo, ebbene io preferirei restare con Cristo piuttosto che con la verità.“

Così affermava il grande romanziere Fëdor Michajlovič Dostoevskij in una lettera privata, a rimarcare la centralità della figura di Cristo e del suo insegnamento all’interno della vita di un cristiano, al di là di qualsivoglia difformità di paradigma istituzionale tra una Chiesa e l’altra.

Originale anche la scansione narrativa dell’opera, aperta e chiusa dalle immagini della madre Maria che piange riversa sul corpo martoriato del figlio, uomo tra i tanti nonostante la missione divina.

La vita di Gesù viene infatti ripercorsa come se si trattasse della riemersione dei ricordi di coloro che ne hanno condiviso la predicazione, in una sorta di impossibile ricomposizione dell’avvenimento destinato a cambiare le sorti dell’umanità.

Da notare che il film è interpretato da attori non professionisti, e che nel 2012 è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani SNCCI.

lobo- (AG-RF) 28.03.2013