2 Mag 2023
SONO PASSATI 55 ANNI DALLA PRIMAVERA A COLORI DEL MAGGIO FRANCESE
di Stefano Martin Sinibaldi (AG.RF 02.05.2023)
(riverflash) – Maggio: il Sessantotto. Sono passati 55 anni da quella primavera e non si tratta di rimpiangere “una stagione della vita”, che pure ci sta, ma di renderci conto della situazione di fondo che spaventava il potere stabilito. Essere gretti o ignoranti non comporta l’essere stupidi: il pericolo principale, e lo hanno capito, era nel fatto che quel sentire fosse trasversale, non era solo la solita già in parte castrata lotta di classe, erano i criteri di una massa compatta e quasi universale. Su questo si è intervenuti tentando con prebende e cariche di inglobare i meno convinti, coloro che avrebbero abbracciato qualunque situazione che fosse apparsa vincente e, soprattutto di far passare l’idea che chi si ribellava lo facesse perché privo di quelle gratificazioni e di quelle ricompense, insomma la rivoluzione la facevano i perdenti, i “poveri” e la contrastavano i vincenti, i “ricchi”, cioè coloro che avevano accesso al luccicante mondo del consumismo ( concetto storicamente falso tra l’altro). Si è cercato allora e si cerca, citando quegli anni, di far passare l’idea che si sia trattato di una fase di anarchia e di disimpegno. In realtà si prendeva coscienza, attraverso una mole enorme di ricerche e discussioni, dei ruoli che si sarebbero assunti nella società.
Non bastava più pensare ad una realizzazione personale, si voleva conoscere e partecipare alla nascita di un mondo più giusto. Questo spaventa le mezze calzette che vogliono conservare posizioni di privilegio. Si insiste sull’esagerazione di alcuni episodi marginali e si fa passare l’idea di un disordine che era invece un fermento. Molte attuazioni di democrazia reale, specie nella scuola, sono cominciate allora. Comunque non eravamo perfetti, per fortuna, e abbiamo commesso molti errori. Sempre si pretende una perfezione assoluta dai movimenti e dalle politiche che potrebbero togliere potere all’establishment.
In apertura “Vietato vietare” uno degli slogan più popolari nel 1968
