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SERBIA: STORIA DI UN PAESE IN CRISI DOVE I GIOVANI SOGNANO L’AUSTRALIA

BELGRADO (RIVER FLASH)- In Serbia l’euforia del periodo 2003-2008 è un ricordo sbiadito nel tempo, ormai. I giovani sognano di emigrare, magari in Australia, mentre a Belgrado gli unici a fare davvero affari sono i compro-oro, dove le famiglie in difficoltà sono costrette a vendere i gioielli per arrivare alla fine del mese.

All’inizio del millennio tutto sembrava possibile in Serbia. L’economia del paese balcanico ha però presto iniziato a zoppicare e dal 2011 è paralizzata. I consumi cadono a picco, le bollette aumentano, l’inflazione nel solo 2012 è stata del 13%. Se Belgrado è (quasi) sempre la stessa, la città dello shopping, del divertimento, meta di croati e sloveni che la raggiungono nei fine settimana, i veri problemi si vedono nel sud della Serbia.

La Serbia vuole entrare nell’Unione Europea, da mesi attende speranzosa che incomincino i colloqui di adesione, ma il tenore di vita è del 35% inferiore alla media europea. La moneta ufficiale è ancora il dinaro, ma la gran parte degli scambi commerciali viene fatta in euro; i salari, pagati anche con tre o quattro mesi di ritardo, sono pagati in dinari ma indicizzati in euro e così gli affitti, sono calcolati in euro ma pagati in dinari.

Il Pil si è contratto del 2% nel 2012, due giovani su quattro sono senza lavoro. Ma il dato che è ancora più emblematico è questo: il 70% dei giovani serbi sogna di emigrare in Canada o in Australia.  Bosko Jaksic, editorialista del quotidiano Politika, spiega il perché del disagio così profondo tra la popolazione: “Viviamo peggio oggi di quando c’era Milosevic, la burocrazia scoraggia tutti e finché gli interessi speculativi saranno superiori a quelli di produttività non c’è speranza che la situazione cambi”. Srdan Popovic, direttore regionale di Imlek, un’azienda lattiero-casearia: “Non siamo competitivi sul mercato e il monopolio di grandi gruppi commerciali contribuisce all’aumento dei prezzi”.

In Serbia il salario medio è di 450 euro al mese. Non bastano nemmneno per fare la spesa. Nei mercati quasi nessuno compra un chilo di frutta o verdura. Ci si accontenta del minimo indispensabile, ci si arrangia con lavori in nero e si fa ricorso alla solidarietà di famigliari e amici. La storia di Milos, 30 anni, è emblematica:  “Ufficialmente lavoro in un supermarket e guadagno 150 euro al mese, ma finito il turno faccio mille altri lavori e arrivo a racimolare 450 euro al mese”.

F.T. AG RF 5.3.2013

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