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“SELMA – LA STRADA PER LA LIBERTA'” – La recensione

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di Valter Chiappa

(AG.R.F. 04/03/2015) (riverflash)

Fra i momenti più emozionanti dell’ultima notte degli Oscar, verrà sicuramente ricordata l’esibizione di John Legend e del rapper Common, vincitori del riconoscimento per la migliore canzone, “Glory”, scritta per il film “Selma”. Lo spiritual è stato eseguito con l’accompagnamento di coristi che, voci profonde, sguardi fissi, passi solenni, scandivano ossessivamente il titolo del brano, mentre la calda timbrica di John tesseva la melodia e Common martellava inesorabile con le sue parole di pace. Facile la commozione, a casa e tra il pubblico del Dolby Theatre, dove si sono viste scorre molte lacrime, particolarmente copiose quelle sul viso di David Oyelowo, lo splendido protagonista del film.

Quei sentimenti, quelle emozioni rappresentano bene l’anima migliore di “Selma – La strada per la libertà”, il film della giovane regista afroamericana Ava DuVernay, nominato fra i migliori film dell’anno dalla giuria degli Academy Awards.

“Selma” è una pellicola di profondo e sincero impegno.

Fra le mille e mille giornate del ricordo che il nostro calendario dovrebbe prevedere, un posto importante sarebbe sicuramente riservato alla memoria di quanto patito dalla gente di colore nella nazione che da sempre si proclama difensore della democrazia e della libertà nel mondo. È bene ricordare che, mentre ancora Bob Dylan cantava di pace e libertà e le radio trasmettevano nel mondo il rock & roll degli “Happy Days”, i neri in Alabama venivano privati dei diritti elementari e pestati a morte pressoché quotidianamente. Le marce di Selma, la prima del 7 Marzo 1965 (“Bloody Sunday”), in cui i manifestanti furono barbaramente assaliti dalla polizia locale, la seconda del 9 Marzo (“Turnaround Tuesday”) e il definitivo cammino fino a Montgomery del 16 Marzo, sono momenti fondamentali della recente storia americana ed un punto di svolta della lotta pacifica di Martin Luther King, in quanto sancirono la definitiva attribuzione del diritto di voto ai neri.

“Selma” è dunque un film necessario. Assolve ottimamente al suo compito raccontando quei fatti con asciuttezza e rigore, non cedendo al sensazionalismo (emblematico che non vengano citate presenze di spicco come quella di Bob Dylan e Joan Baez), ma al contempo determinando una forte tensione emotiva.

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La marcia viene rappresentata in modo solenne ed evocativo, come le voci quel coro ammirate sul palco del Dolby Theatre; le scene delle violenze, come manganellate, colpiscono duro anche gli spettatori; ma soprattutto, gigante come un monumento, si staglia la figura del Reverendo Dottor Martin Luther King, interpretata in maniera impressionantemente veritiera e sentita dalla rivelazione David Oyelowo, a nostro vedere ingiustamente tenuto fuori dalla corsa agli Oscar.

Il film ha delle cadute di tensione, peraltro evitabilissime, nel racconto della vita privata di King ed in particolare di ipotizzate tensioni nel rapporto fra il predicatore e la moglie Coretta. Forse si paga un tributo alla produzione della black tycoon Oprah Winfrey, la quale peraltro si ritaglia un piccolo ruolo nel film: evidentemente nei biopic americani la fiction deve trovare comunque un suo angolo.

Tolto ciò, “Selma” rimane un film da vedere; per non spegnere la memoria, per riaccendere ideali alti, per continuare ad amare e prendere a modello grandi personaggi.

E Dio solo sa oggi quanto ce quanto ce ne sia bisogno.

Voto: 7

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