Coppa di Africa dal 13 gennaio
header photo

ingrandisci il testo rimpicciolisci il testo testo normale feed RSS Feed

IN RICORDO DI ALFREDO DI STEFANO, IL PIÙ GRANDE NUMERO «9» DELLA STORIA DEL CALCIO

Distefano_eg_1958di Stefano Celestri (AG.RF 08.07.2014) ore 21:32

(riverflash) – Nell’estate del 1964 c’era il deserto nella sede del Real Madrid, erano tutti in vacanza senza pensare di lasciare scoperto il servizio. C’era solo un usciere con in consegna una busta da lettera. Il destinatario era Alfredo Di Stefano e la lettera era di licenziamento dopo 11 anni in cui la Casa Blanca aveva vinto tutto. L’uomo simbolo del club con il record di trofei in Europa aveva 38 anni e la dirigenza non voleva rinnovargli ulteriormente il contratto, per girare pagina. Aggiungiamo che nelle pagine successive si è perso lo splendore di quegli 11 anni magici. C’era il deserto a Chamartin, nessun dirigente aveva la forza per tenere testa alla reazione di Don Alfredo sul piano dialettico. Tutti erano intimorititi, non erano in grado di spiegare con calma le ragioni della decisione. Nemmeno gli impiegati volevano incrociare lo sguardo con quello di Di Stefano. Solo un ignaro usciere a cui non era stato detto il contenuto della lettera.

Oggi, nel giorno della sua morte a 88 anni appena compiuti, vogliamo ricordare la personalità di questo fuoriclasse che era il leader indiscusso di una squadra multinazionale negli anni 50, quando i britannici erano autarchici. In quel Madrid c’erano l’ungherese Puskas, il francese Kopa, l’uruguayano Santamaria. Al centro dell’attacco la Saeta Rubia, soprannome in omaggio alla sua velocità e al colore biondo dei capelli, come veniva chiamato Di Stefano, nato a Buenos Aires nel 1926 e cresciuto nel River Plate che aveva in attacco la «Máquina» formata da Juan Carlos Muñoz, José Manuel Moreno, Adolfo Pedernera, Ángel Labruna e Félix Loustau. Per il giovane Alfredo un prestito all’Huracán, poi un biennio al River Plate dal 1947 al 1949 con 49 gol in 65 partite. La Seconda Guerra Mondiale aveva lasciato un senso di anarchia, nel senso che tutto si poteva fare perché il mondo stava cambiando. In Colombia c’erano i Millionarios di Bogotá, un club pirata che soffiava i calciatori al altre società senza pagarle. Pagava a peso d’oro i giocatori e fece incetta dei migliori del mondo, tra cui Pedernera e Di Stefano, i due centravanti del River Plate. Un periodo di 4 anni, dal 1949 al 1953 per volare in Europa, lo voleva il Barcellona, ma lui scelse il Madrid dell’allora presidente Santiago Bernabeu. Con la maglia “blanca”, in 11 anni vinse 8 campionati spagnoli, 5 Coppe dei Campioni (segnando sempre in finale), una Coppa Intercontinentale, 2 Palloni d’Oro. Ha il record dei gol (18) segnati da un giocatore del Madrid al Barcellona nel «Clàsico», il derby tra le Grandi di Spagna. Nei suoi 11 anni con madrilisti ha realizzato 332 gol in 372 partite di campionato, con una media di quasi 0,9 gol a partita. Leggendo questi dati si comprende perché quel giorno dell’estate del 1964 nessuno voleva affrontarlo per licenziarlo e subire la sua reazione. L’ultima partita in blanco la finale di Coppa dei Campioni persa contro l’Inter di Helenio Herrera.

Parlando dell’influenza di Saeta Rubia sul club dieci volte campione d’Europa, l’ex attaccante del Real Madrid Emilio Butragueño ha commentato: “Alfredo Di Stefano si è trasferito al Real Madrid nel 1953 e ha cambiato la storia del club. Quando è arrivato il Real ha cambiato radicalmente la sua mentalità. Da quel momento il Real Madrid è diventata una squadra vincente. Penso abbia lasciato valori che hanno contribuito a rendere questo club diverso dagli altri. Il Real Madrid è quello che è, principalmente per Alfredo Di Stefano”. Centravanti completo aveva tiro, velocità, tocco di palla e stacco di testa sfruttando i suoi 180 centimetri, altezza poco frequente nel calcio di allora. Nelle sue vene sangue italiano da parte del padre, figlio di emigranti capresi, e sangue franco-irlandese da parte della madre Eulalia Laulhé Gilmont. Nel 1956 scelse di diventare spagnolo, conquistando la fase finale del Mondiale 1962. Nel 2000 è stato nominato presidente onorario del Real Madrid e, all’arrivo di Cristiano Ronaldo gli consegnò la “sua” maglia numero 9, che il portoghese tenne solo una stagione. Troppo pesante l’eredità di Don Alfredo, meglio ripiegare sulla maglia numero 7.

La storia della Saeta Rubia si è chiusa ieri, lunedì 7 luglio, all’ospedale “Gregorio Marañón” della capitale spagnola dopo essere stato colpito da un infarto due giorni prima mentre passeggiava nei pressi dello stadio Bernabeu, la sua vera casa.

 

distefano y platinimadrid attaccodistefano y kopadistefano gol campioni

Nessun Commento »

Puoi lasciare una risposta, oppure fare un trackback dal tuo sito.


Vuoi essere il primo a lasciare un commento per questo articolo? Utilizza il modulo sotto..

Lascia un commento


Heads up! You are attempting to upload an invalid image. If saved, this image will not display with your comment.

*