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RASSEGNA STAMPA – “E’ CONTRO LA COSTITUZIONE”. A PRESCINDERE.

AG.RF (Giuseppe Licinio)  11.03.2014

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Sommario

È l’affossamento dell’emendamento sulle quote rosa a tenere banco su quasi tutti i titoli di apertura.

Prosegue inoltre il dibattito su quale sia la destinazione migliore per il taglio del cuneo fiscale (se a favore delle aziende o dei lavoratori). Scende in campo la Confindustria con l’artiglieria pesante: editoriale del direttore del Sole 24 ore Roberto Napoletano e lettera del Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi al Corriere (tre quarti di una pagina e un vistoso richiamo in prima sopra il titolo di apertura). L’orientamento del governo viene riassunto dal titolo della Stampa: «10 miliardi per le famiglie» mentre le aziende, per adesso, «avranno la riduzione della burocrazia». In governo, in sostanza, è orientato a distribuire ai lavoratori le risorse ricavate da taglio del cuneo fiscale e così si capisce il pressing ad alto livello di Confindustria per far cambiare idea al premier.

Terzo tema della giornata è il sindacato ma non tanto lo scontro interno fra Landini e Camusso quanto un’inchiesta del Messaggero sui costi dei sindacati per lo Stato (bilanci, convenzioni, patronati).

Approfondimento

Legge elettorale. Per Massimo Franco la questione della parità di genere era solo un modo del Pd non renziano per mettere in difficoltà il segretario. Obiettivo raggiunto perché è vero che Renzi ha vinto ma il prezzo pagato è stato alto: la rivolta di mezzo Pd. Un altro colpo, scrive Franco, ad un sistema elettorale già di per sè «ostaggio degli attacchi delle opposizioni al Senato». Nella cronaca della seduta parlamentare, Fabrizio Roncone, partendo dai particolari, descrive la tensione che ha serpeggiato in tutto l’emiciclo (soprattutto fra i banchi di Forza Italia). Per la Prestigiacomo i «maschietti» vogliono solo garantirsi la poltrona ma è un argomentazione debole perché potrebbe valere anche al contrario.

Forza Italia. Se nel Pd c’è stata baruffa, Forza Italia, invece, «ha retto», scrive Paola di Caro. L’obiettivo principale di Berlusconi è proseguire il percorso delle riforme perché è l’unico tavolo che gli permette di aver un peso nei giochi politici e pertanto l’esito del voto di ieri è stato positivo per lui perché la legge è andata avanti e i danni interni al partito sono stati ridotti al minimo.

Altri Paesi europei. La Stampa, con Marco Bresolin, esamina il comportamento degli altri Paesi europei su questo tema e offre una notizia interessante: la più alta percentuale di donne in Parlamento è nei Paesi scandinavi (il record spetta alla Svezia con il 45%) ma in «nessuno di questi Paesi esistono quote fissate per legge o regolamentate dai partiti». Inoltre solo in otto Paesi sono introdotte le quote rosa e la presenza femminile è sempre sotto la quota stabilita. Pertanto l’autore si chiede se c’è davvero bisogno di regole o se è una questione culturale. In ogni caso l’Italia, con il 31% di presenza femminile nel Parlamento, si posiziona sopra la media europea.

Contro la Costituzione. A prescindere. Sulla legge elettorale c’è chi la butta sul «rispetto della Costituzione», come la giurista Lorenza Carlassare, intervistata da Repubblica. Ormai vengono scagliate “fatwe” di incostituzionalità contro qualsiasi ddl. A prescindere. «Bisogna dare le stesse chance a tutti» dice la giurista rifacendosi all’art. 51 della Costituzione. Ma la Costituzione non parla di stesse chance nelle liste elettorali. Se, per assurdo, alle primarie per la scelta dei candidati fosse garantita la parità di genere ma vincessero solo uomini (o viceversa), che accadrebbe?

Giovanna Casadio su Repubblica descrive la reazione delle donne del Pd dopo il voto. Mancano all’appello i voti degli uomini del Pd e quindi questa volta è impossibile scaricare su altri la colpa della bocciatura. Oscillano fra i 120 e 130 i voti che mancano ma non è corretto parlare di “franchi tiratori” perché su questo voto c’era la libertà di coscienza.

Il Fatto intervista Miguel Gotor sul clima all’interno del Pd e sulla figura di Renzi. «Renzi sposa retorica e propaganda» afferma Gotor (che probabilmente sente di avere già tutti e due i piedi fuori dal Pd) «e gioca sulla contrapposizione tra il Palazzo e il Capo che parla ai cittadini».

Governo e economia. Lunga lettera di Giorgio Squinzi al Corriere in cui chiede di ridurre il cuneo fiscale per le aziende perché unica strada per creare occupazione. «Detassare impresa e lavoro piuttosto che «mettere qualche decina di euro in più nelle tasche degli italiani», sostiene in sostanza Squinzi. Argomenti che il direttore del sole 24 ore, Roberto Napoletano, fa suoi nell’editoriale: «l’elemosina elettorale e l’emergenza italiana».

Ma la scelta di Renzi sembra andare in direzione opposta. Lo racconta Alessandro Barbera sulla Stampa secondo cui il premier è deciso a «distribuire il tesoretto nella busta paga degli italiani». Renzi, oltre ad andare contro i desiderata di Confindustria, va anche contro il parere del ministro dell’Economia e degli esperti del ministero. Deve anche fronteggiare l’opposizione della CGIL (e qui ha gioco facile nel dire che «è la prima volta nella storia che si minaccia uno sciopero contro un governo che vuole tagliare le tasse»). In ultimo deve anche fra fronte alle pressioni dell’UE attenta che la riduzione fiscale non stravolga gli obiettivi di deficit. In sostanza un assedio.

Ripercorrendo la storia dei rapporti fra Mattero Renzi e Susanna Camusso, Federico Geremicca sulla Stampa afferma che l’incompatibilità fra i due è soprattutto caratteriale oltre alle visioni completamente divere sul tipo di rapporto che il governo dovrebbe intrattenere con le parti sociali. Renzi vuole saltare la mediazione delle parti sociali, scrive il giornalista. Per Stefano Menichini su Europa, la CGIL teme proprio questo: che Renzi raggiunga degli obiettivi concreti per i lavoratori bypassando il sindacato, dimostrandone cioè l’inutilità. Ma le brutte notizie non finiscono per i sindacati perché il Messaggero pubblica, su due pagine, un’inchiesta sui soldi incassati dallo Stato senza alcun controllo.

M5S. Continuano le epurazioni dentro il movimento di Grillo. Oggi tocca la minaccia di espulsione tocca a Bartolomeo Pepe «perché lo vuole la base». Il Fatto parla di una faida campana fra Roberto Fico e il senatore Pepe. Lo schema è semplice: quando un parlamentare non è più funzionale al “progetto” si prepara un documento, si fa votare dal meet-up di riferimento e poi viene rilanciato. E il parlamentare è azzoppato. Nel caso specifico del senatore Pepe, si tratta di un parlamentare impegnato nella lotta contro le eco-mafie ed è per questo che la storia diventa torbida.

Giustizia. Ventaglio di pareri (fra cui Barbacetto sul Fatto e Bianconi sul Corriere sulla nuova Authority contro la Corruzione) e la nomina del magistrato Cantone al suo vertice. L’Unità è l’unico quotidiano a far notare come l’Authority sia ancora in alto mare.

Bufala. E’ quella di Libero che spaccia per scoop (in prima pagina) la notizia che Mediobanca ha preparato dei «piani dettagliati per far fronte all’ipotesi di un’uscita dall’euro». In sostanza quello che tutte le banche fanno fare ai propri centri studi da circa 14 anni. Cioè dal giorno dopo l’entrata nell’euro.

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