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NANNI MORETTI A FIANO ROMANO: VERO MA NON TROPPO

morettidi Valter Chiappa

(AG. R.F. 23/06/2015) (riverflash)

Nanni Moretti è stato l’ultimo e più atteso ospite della rassegna cinematografica “Lo schermo è donna”, svoltasi lungo l’intero arco della passata settimana nel Castello Ducale di Fiano Romano.

Può sembrare curioso che sia stato chiamato un uomo sul palco più importante di un festival dedicato al ruolo della donna nel cinema. La spiegazione, oltre che nel prestigio personale dell’ospite, sta nel fatto che “Mia madre”, l’ultima opera del regista romano proiettata nell’ambito della serata, è incentrato da più punti di vista sulla figura femminile. “Mia madre” ha sì come figura centrale la Donna per eccellenza, la cui dipartita diviene il punto di svolta dell’esistenza di tutti i protagonisti; ma descrive al contempo tre generazioni, ognuna con un suo importante peso specifico nell’ambito della narrazione.

Inoltre nella duplicazione del suo alter ego in due personaggi distinti, i fratelli Giovanni e Margherita, espressione forse di un momento cruciale nella vita intima dell’autore, Moretti vuole che uno dei due personaggi, quello più vicino a lui, sia appunto una donna, la regista interpretata da Margherita Buy.

Per la chiusura di questa 18a edizione di “Lo schermo è donna”, si è voluto dare quindi spazio ad una pellicola che esaltasse al massimo grado l’importanza della donna come soggetto e fonte d’ispirazione all’interno dell’arte cinematografica.

Nell’incontro con il pubblico che ha stipato il cortile di Castello Orsini, Moretti si è concesso al fuoco di fila delle domande, talora anche provocatorie, postegli dai presenti o dai moderatori della serata, i critici cinematografici Alberto Crespi e Rocco Giurato, non rinunciando a quel tono ironico e sferzante che è elemento essenziale della sua comunicazione e che da sempre tende a creare una aulica distanza fra l’intellettuale e il suo pubblico.

Aneddoti ed informazioni dal backstage hanno soddisfatto la curiosità dei cinefili presenti.

Sono state raccontate, ad esempio, le motivazioni che hanno condotto alla scelta delle protagoniste di “Mia madre”: l’empatia con Margherita Buy, l’età e lo straordinario curriculum teatrale di Giulia Lazzarini, alcune coincidenze con il vissuto personale della giovanissima Beatrice Mancini.

La attenta scelta di location funzionali alla logica del racconto; in “La messa è finita”, ad esempio, si è voluta una chiesa che non fosse ricca di storia o dall’architettura altisonante: una normale parrocchia di quartiere.

L’importanza delle musiche, ingrediente fondamentale del prodotto “film”.

Ha parlato molto della sua arte, Nanni Moretti; ha parlato poco, anzi nulla, di sé. “Il cinema è il mio ambito espressivo” ha risposto alla diretta domanda di una spettatrice, confessando l’ imbarazzo nel mettersi a nudo direttamente. È quindi il regista, non l’uomo, a parlare diffusamente del suo modo di fare cinema.

Nella continua attenzione per il vero si può individuare uno di temi portanti della conversazione. Lo spunto è da una battuta ripetuta più volte nel film, la richiesta (non compresa) da parte della Buy, che l’interprete resti visibile a fianco del personaggio. Moretti l’ha spiegata con la sua preferenza per una tecnica di recitazione che non porti l’attore alla totale immedesimazione, ma che consenta di scorgee sia il vero che la finzione.

Questa esigenza è però, in altre forme, ricomparsa più volte nella conversazione, apparendo, a chi vi scrive, una costante della sua tecnica espressiva.

Ad esempio il vezzo di introdurre oggetti reali: in “Mia madre” compaiono la biblioteca di famiglia, alcuni oggetti appartenuti alla madre, l’automobile del regista. La scelta di luoghi veri, ad esempio un padiglione in disuso del Forlanini, ma travisati dal lavoro degli scenografi.

La vicenda stessa, come noto, è evidentemente autobiografica; eppure il regista romano ci tiene a specificare che è una storia, una finzione, introduce elementi di disturbo, come le scene di un film che il vero Moretti non avrebbe mai avuto voglia di girare. Anche in “Caro diario”, afferma, quello che si vede sullo schermo non è Nanni Moretti, ma a tutti gli effetti è un personaggio che recita un copione.

Il muro della finzione quindi per difendere la realtà, dissimularla; la volontà di concedersi, seppur attraverso il mezzo espressivo, per poi sottrarsi, allontanarsi. Espressioni della ricerca di un elitario distacco o dell’incapacità a donarsi, o forse di entrambe.

Come il personaggio interpretato dalla Buy, che non sa abbandonarsi ad una storia d’amore, che è disattenta rispetto a tutto ciò che la circonda, perché centrata su sé stessa.

Queste caratteristiche hanno condotto a sviluppare quell’algido intellettualismo che è caratteristica peculiare del “personaggio Moretti”, come anche alcune domande del pubblico hanno sottolineato, ma anche della sua arte

Per questo abbiamo amato “Mia madre”, ancor più dopo questa seconda visione.

“Mia madre” non è una radiografia del dolore, come “La stanza del figlio”, ma parla del dolore come viatico verso una svolta, della morte non come perdita ma come eredità. Finalmente c’è sincerità, finalmente c’è sentimento. Nanni Moretti, sempre vero ma non troppo, come abbiamo anzi detto, è in questo film più vero che mai.

Vogliamo concludere questo racconto di queste belle serate fianesi con un elogio a questa rassegna, che anche quest’anno, ed ormai sono 18, ha regalato film di alto livello, personaggi di forte spessore, conversazioni di grande interesse per chiunque ami il cinema. Una rassegna che meriterebbe maggiore evidenza. E l’augurio, ma contemporaneamente l’invito che facciamo all’organizzazione, all’Amministrazione Comunale, alla stampa specializzata.

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