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A MONALE (ASTI) LA SAGRA DELLA BAGNA CÀUDA CON EPILOGO IL 24 GENNAIO

Bagna_càuda_dipAG.RF 20.01.2016 (ore 15:01)

(riverflash) – Una salsa molto saporita dove intingere verdure crude e cotte, un castello medioevale e i profumi che escono dalle cucine del borgo antico. Succede in questa settimana a Monale, in provincia d’Asti, dove, con epilogo il 24 gennaio, si tiene la Sagra della Bagna Càuda. Ingrediente di base l’aglio, possibilmente nostrano e saporito, non proveniente dalla Cina. Con l’aglio, acciughe e olio extravergine di oliva si prepara la salsa, a cui qualcuno aggiunge a piacimento panna, burro e noci. Ci si immergono peperoni, patate, barbabietole e cavoli, sia crudi che cotti. La Bagna Càuda  tradizionale viene portata in tavola nel suo tegame di cottura chiamato «dian», rigorosamente in terracotta, e mantenuto alla giusta temperatura mediante uno scaldino di coccio riempito di braci vive, chiamato «scionfetta». Il vino suggerito è il Barbera d’Asti, prodotto da quelle parti come il Nebbiolo, il Dolcetto e il Barbaresco. Per chi avesse ancora appetito c’è l’offerta dei salumi piemontesi, tra cui lardo, salame crudo e cotto, ma c’è anche il bollito di manzo da gustare con le salse. Per chiudere con il dolce, c’è la proposta di pere cotte nel vino. Mangiare la Bagna Càuda è un rito conviviale che prevede la condivisione del cibo in forma collettiva da parte dei commensali, che lo attingono tutti insieme da un unico recipiente. A Monale servono più giorni per questa festa, anche se si tratta di un paesino di circa un migliaio di abitanti che comprende il castello Scrampi, inserito nel circuito dei Castelli Aperti del Basso Piemonte. Per arrivare da Milano a Monale suggeriamo di prendere l’autostrada A21, uscire in direzione di Asti Ovest, in prossimità di Asti, proseguire in direzione di Torino/San Damiano, a Asti, continuare sulla SS 10, in prossimità di Baldichieri d’Asti, prendere la SP 9 e seguire le indicazioni per Monale.

Sull’origine del nome Bagna Càuda ci sono tesi differenti. Qualcuno sostiene la mangiassero nel Medio-Evo gli operai delle saline nel sud della Francia. Altri ne attribuiscono la paternità a un cuoco biellese che la inventò e la servì nella propria trattoria. Il cognome del cuoco era Coda, che in dialetto diventa «caoda». Di sicuro che è un piatto spesso abbinato alla vendemmia, che serviva per togliere dalle narici dei vendemmiatori l’odore dolciastro del mosto d’uva.

 

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