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MASSACRO’ I GENITORI: DOPO 22 ANNI PIETRO MASO E’ UN UOMO LIBERO

VERONA (RIVER FLASH)- Pietro Maso è un uomo libero. Il 7 aprile del 1991 uccise i genitori Antonio e Maria Rosa nella loro casa di Montecchio di Crosara, in provincia di Verona. Condannato a scontare 30 anni e due mesi di carcere, ne ha trascorsi in cella 22, grazie all’intervento di un indulto e alla liberazione anticipata.

Negli ultimi tre anni ha lasciato in più occasioni il carcere di Opera, prima con una serie di permessi-premio, poi per lavorare fuori dalla prigione. Con la scarcerazione terminerà il contratto che impiegava Maso come uomo delle pulizie negli uffici del Provveditorato regionale delle Carceri.

All’uscita ad attenderlo le due sorelle, Laura e Nadia. Il suv con a bordo Maso si è allontanato in fretta, per evitare gironalisti e telecamere.

Il sindaco di Montecchia di Crosara ha accolto il ritorno in libertà spiegando la “ferita è stata cicatrizzata”. La sua scarcerazione non è indifferente agli ex concittadini, ma “quando una persona riacquista la libertà non può che far piacere”. Critica però le “regalie, quegli anni che Maso non ha scontato rispetto ai 30 della condanna anche per gli automatismi della giustizia”, che non hanno molto “della serietà penale e della giustizia”.

Tornerà in paese? Il sindaco pensa di no, “la comunità non lo accoglierebbe a braccia aperte”.

”Mi stupisco che ci siano ancora polemiche quando un condannato per un fatto comunque atroce.” È  il parere di Roberta Cossia, il giudice di Sorveglianza di Milano che ha firmato il fine pena per Pietro Maso. “Ha scontato la sua pena e torna in libertà. Il motivo per il quale ciò suscita un certo fastidio sta nell’istinto vendicativo, umano, per cui non viene tollerato che ci sia un fine pena”. La ragione, ritiene il giudice, è che in molti ”c’è ancora un’idea sotterranea vendicativa, dell’occhio per occhio, di restituzione dello stesso male che uno ha fatto, come se lo Stato si dovesse porre sullo stesso piano”.

In più, a dire del magistrato di Sorveglianza, in generale, ”le polemiche rischiano di alimentare il narcisismo di queste persone portandole a stare sulla ribalta per quello che hanno fatto, per il male che hanno commesso, invece di rientrare nella normalità, nell’anonimato come tutti. Insomma, tutto si dovrebbe fare tranne che sbandierare la storia negativa di queste persone che, invece, hanno bisogno di essere proiettate in un progetto futuro”.

FT AG RF 15.4.2013

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