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MADRE DEGLI ATTENTATORI DI BOSTON INDAGATA PER AVER AVVICINATO I FIGLI ALL’INTEGRALISMO ISLAMICO

BOSTON (RIVER FLASH)- BOSTON. Dzhokhar Tsarnaev, il presunto responsabile – insieme al fratello Tamerlan, ucciso dagli agenti – dell’attentato di Boston, è stato trasferito ieri mattina in una prigione federale. Il diciannovenne di origine cecena, secondo CNN, è stato portato al Federal Medical Center di Devens, in Massachusetts, una carcere per detenuti che hanno bisogno di particolari cure mediche. Dopo la cattura, era stato curato al Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston.

Nel frattempo, il padre dei due fratelli, Anzor, ha rinviato il viaggio dal Daghestan a Boston, per andare in un’altra zona della Russia. Secondo quanto riferito alla Cnn dalla moglie dell’uomo, Zubeidat, il viaggio sarebbe stato rinviato per motivi di salute. Zubeidat Tsarnaeva è considerata dalle autorità americane “un’indagata”. Secondo quanto dichiarato dal congressman democratico Dutch Ruppersberger, membro della commissione di Intelligence alla Camera dei Rappresentanti, sono in corso degli accertamenti per chiarire se la donna abbia avuto un ruolo nell’avvicinamento del figlio maggiore Tamerlan Tsarnaev all’estremismo islamico.

Al momento un team di inquirenti americani sta svolgendo interrogatori in Dagestan, nel sud della Russia, dove vive la donna e dove il 26enne Tamerlan ha trascorso 6 mesi nel 2012.

La donna continua a sostenere che i figli sono innocenti e nel corso di un’intervista ha anche ipotizzato che l’attentato alla maratona sia solo una farsa televisiva americana messa in piedi per incastrarli.

Anche lei, come i figli, è sospettata dalle autorità russe di aver abbracciato l’Islam radicale. Lo ha affermato una fonte dell’intelligence americana citata dalla Cnn, secondo cui la donna – che ha vissuto in Massachusetts sino al 2012 – era già finita nel mirino dell’antiterriorismo di Mosca sin dal 2011. Negli Stati Uniti, invece, la donna è latitante poichè era stata arrestata per “shop lifting” nel grande magazzino “Lord and Taylor” di Natick, in Massachusetts. Gli agenti l’avevano fermata perchè Zubeidat aveva nella sua borsa vestiti del negozio dal valore di $1,624. Dopo il rinvio a giudizio ha lasciato gli Stati Uniti ed è andata in Daghestan e non ha fatto più ritorno a Boston.

Col passare dei giorni emergono nuovi dettagli sul profilo dei due attentatori di origine cecena.

Secondo nuove testimonianze, prima che la polizia li bloccasse, i due fratelli sono stati protagonisti di una avventura ‘on the road’. La sera prima dell’attentato, Jim Duggan, 51 anni, ha preso sul suo taxi Tamerlan e Dzhokhar: “Ho sollevato le borse per metterle nel bagagliaio, ma non volevano che le toccassi – ha detto l’uomo, ora convinto che si trattasse degli zaini con le pentole-bombe utilizzate alla maratona – erano pesantissime, almeno dieci chili”. Tre giorni dopo, a incrociare i destini dei due attentatori é stato invece Danny, un ragazzo cinese di 26 anni, colui al quale i ceceni hanno “sequestrato” l’auto, per dirigersi con lui a bordo verso New York, dove prevedevano di far esplodere gli ordigni rimasti a Times Square. Come se nulla fosse, “abbiamo parlato di tutto, di ragazze, automobili, anche degli iPhone”, ha spiegato Danny in un’ intervista esclusiva al Boston Globe. “Pensavo: “non voglio morire” – ha continuato il ragazzo, chiedendo di essere identificato soltanto col soprannome americano – ci sono tanti sogni che devo ancora realizzare”.

Il suo incubo è iniziato verso le 23 di giovedì scorso, quando un uomo vestito con abiti scuri ha bussato al finestrino dell’auto, una Mercedes ML. Era Tamerlan, 26 anni: è entrato nell’auto brandendo una pistola, seguito dal fratello. “Hai sentito della maratona? – ha detto – Sono stato io, e ho appena ucciso un poliziotto. Ora guida”. I due fratelli discutevano fitto nella loro lingua madre, per questo Danny non è riuscito a capire se stavano organizzando l’attentato a New York, ma ha percepito chiaramente la parola “Manhattan”. Ad un certo punto i due si sono fermati in una stazione di servizio. Il minore è sceso per pagare. A quel punto Danny, cogliendo l’attimo propizio al volo, è riuscito a scappare dalla vettura, e a chiamare la polizia: Grazie a lui, le autorità hanno rapidamente identificato e intercettato l’auto, ben prima che potesse raggiungere New York. Ma “non mi sento un eroe – ha detto Danny – stavo solo cercando di sopravvivere”.

 

AG RF 30.4.2013

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