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LEX – Rubrica d’informazione giuridica a cura dell’avvocato Paola Panico del foro di Roma – LE PROROGHE IN MATERIA DI SFRATTI

sfratto-negozio-redditi[1]“riverflash” – La Legge 24.12.2012 n. 228, la c.d. “Legge di stabilità 2013”, in un unico articolo di ben 560 commi, ha consegnato agli italiani il 28° blocco degli sfratti a far data dal 1978, anno della legge sull’equo canone.

La questione è di non poca rilevanza in quei Comuni – come Roma – ad alta tensione abitativa in cui si traduce nella massiccia sospensione delle numerosissime procedure esecutive di rilascio degli immobili locati ad uso abitativo, ove il conduttore, che sia in possesso di una serie di requisiti, ne faccia richiesta, eventualmente anche direttamente all’Ufficiale Giudiziario competente, mediante una semplice autocertificazione.

Il Legislatore ha così voluto tutelare quella che ha ritenuto la “parte debole” del rapporto locatizio e, dunque, gli inquilini appartenenti alle categorie svantaggiate di cui all’articolo 80 della legge n. 388 del 2000: conduttori che siano essi stessi oppure convivano con persone ultrasessantacinquenni, malati terminali, portatori di handicap con invalidità superiore al 66% o con figli fiscalmente a carico, che non siano morosi né in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza e che abbiano un reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore ad euro 27.000,00.

L’esigenza è sicuramente meritevole di tutela, ma le parti del contratto di locazione sono due e la nostra Costituzione, all’articolo 42 enuncia il principio fondamentale per cui “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge”.

Se si osserva da vicino la “parte forte” del contratto di locazione, vedremo spesso un proprietario di immobile che sostiene elevati costi connessi alla proprietà di un appartamento concesso in locazione molti anni addietro (magari da un genitore ormai anziano) e, dunque, con un canone molto più basso rispetto ai prezzi di mercato al momento della cessazione del contratto, in balia di un inquilino che, pur di rimanere “dentro” potrebbe essere tentato di ospitare parenti anziani ed ammalati, ove non avvenga addirittura il contrario e, cioè, che i parenti dell’anziano inquilino, si trasferiscano ospiti in casa di questo.

Inoltre, a fronte della facilità e gratuità, per l’inquilino, di richiedere la sospensione della (costosissima ed a carico del proprietario) esecuzione dello sfratto, il proprietario che intenda contestare la sussistenza, in capo all’inquilino, dei requisiti richiesti per la sospensione dell’esecuzione, dovrà proporre, al competente Tribunale (quello cui si è già dovuto rivolgere per ottenere la convalida dello sfratto e per procedere all’esecuzione dello stesso, sostenendo spese che non verranno rimborsate) un apposito ricorso…

Quando poi, finalmente, dopo tutto questo, riuscirà a riprendere l’esecuzione dello sfratto, dovrà attendere che il Commissariato di zona dia l’ausilio della forza pubblica all’Ufficiale Giudiziario per riprendere il possesso dell’immobile, eventualmente con la collaborazione di un fabbro e/o di un medico fiscale, il cui costo sarà a carico del proprietario. Che nel periodo di sospensione avrà diritto – purché ne faccia richiesta – ad una maggiorazione del 20% del canone/indennità d’occupazione.

La Corte Costituzionale si è più volte pronunciata sulla questione, elaborando un chiaro orientamento in materia di provvedimenti di “blocco degli sfratti”, affermando che la sospensione delle relative procedure esecutive può giustificarsi soltanto se limita il diritto del proprietario alla riconsegna dell’immobile per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato.

La continua reiterazione dei provvedimenti legislativi di blocco, con cadenza annuale, appare essere espressione di una tendenza legislativa ad utilizzare lo strumento della sospensione come ordinaria soluzione del grave problema degli alloggi.

La Corte ha più volte osservato come il legislatore , pur dovendo farsi carico delle esigenze di coloro che si trovano in particolari situazioni di disagio, anche attraverso agevolazioni, non possa tuttavia, indefinitamente, limitarsi a trasferire l’onere relativo in via esclusiva a carico del privato locatore, che potrebbe troversi in identiche o anche peggiori situazioni di disagio.

Senza considerare che il protrarsi delle proroghe arreca pregiudizio anche al principio di ragionevole durata del processo ed, in effetti, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), con sede a Strasburgo, ha più volte condannato l’Italia al risarcimento, in via equitativa, dei danni, pecuniari e non, derivanti ai proprietari ricorrenti dal ritardo nella restituzione degli immobili.

Secondo la CEDU, infatti, sarebbe insito, nel sistema italiano di scaglionamento degli sfratti, il rischio di porre a carico dei locatori “un eccessivo fardello dal punto di vista della facoltà di disporre della proprietà, sicché occorre approntare garanzie procedurali di salvaguardia, per evitare conseguenze arbitrrie ed imprevedibili sul diritto di proprietà dei locatori” (art. 1 Prot. n. 1 CEDU)

La Corte ha poi osservato che il diritto alla tutela giurisdizionale comprende anche il diritto all’attuazione dei provvedimenti giurisdizionali divenuti definitivi, attuazione che non può essere indebitamente ritardata; tuttavia, una sospensione nell’esecuzione dei provvedimenti può essere giustificata , in circostanze eccezionali, per consentire una soluzione soddisfacente dei problemi di ordine pubblico.

AG.RF. (Avv. Paola Panico – paolapanico@yahoo.it) 01.06.2013

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