30 Giu 2013
L’ESOTISMO DI Henri Rousseau >>
(riverflash) – Il mito dell’esotismo, la fuga dalla civiltà borghese e dall’impoverimento dei valori spirituali che essa ha prodotto, l’evasione in terre incontaminate dal progresso per diventare selvaggi contagia molti pittori e letterati dell’avanguardia vissuti negli anni a cavallo tra i due secoli.
Sulla scia di Gauguin, Kandinskij, raggiunse il Nord Africa, nel contempo Nolde veleggiava nei Mari del Sud e in Nuova Guinea, Pechstein esplorava la Cina, Klee e Macke si stabilivano per qualche tempo in Tunisia.
Ma una parallela ricerca dello spirito di ingenuo candore, di un linguaggio vergine e non asservito all’ufficialità della cultura tradizionale persegue anche Henri Rousseau ( 1844-1910) che, ben radicato nella metropoli francese e per molti anni prigioniero di abitudini di vita conformistiche e banali, liberò sulla tela immagini di un mondo esotico di magico e fresco incanto.
Rousseau fu pittore incolto e ingenuo, ma non tropo, se l’esclusiva aristocrazia intellettuale parigina di fine secolo individua nelle sue composizioni la risposta, non si sa quanto critica e polemica, alle “mistificazioni edonistiche” del simbolismo. Conosciuto attraverso i Salon des Artistes Indépendants Rousseau si era imposto sulla scena artistica specie a partire dal 1904-05, quando aveva dato avvio alle scene “giungle” con “Esploratori attaccati da una tigre e Leone affamato”, quest’ultimo accolto al Salon d’Automne del 1905, nella sala dei fauves. Amato dai letterati era anche un compositore di melodie, suonate in occasione del banchetto offerto in suo onore nel 1908 da Picasso nel suo studio del Bateau –Lavoir.
di Lauretta Franchini (AG.RF.30.06.2013)