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L’ALTRA FACCIA DEL BRASILE: CHI QUESTO MONDIALE NON LO VOLEVA

brasile_proteste_gettydi Francesco Guerrieri (AG.RF 24.05.2014) ore 17:45

(riverflash) – Per le strade brasiliane tutti aspettano il grande evento. L’atmosfera è elettrizzata nelle 12 città che ospiteranno i Mondiali 2014.

Tra 20 giorni si parte dall’ Arena San Paolo, che ospiterà l’esordio dei padroni di casa contro la Croazia, e si chiuderanno i battenti il 13 Luglio con la finalissima di Rio de Janeiro.

Ma c’è un’altra parte del Brasile, quella a cui questi Mondiali organizzati in casa proprio non vanno giù.

Tanti, forse troppi, miliardi di dollari spesi per una manifestazione che, visto il momento attuale del Paese, viene considerato da molti un lusso che proprio non potevano permettersi.

Quelli che, fino a qualche tempo fa, erano solo malumori, opinioni e considerazioni, hanno guadagnato sempre più consensi, fino a trasformarsi in vere e proprie manifestazioni che hanno come epicentro delle proteste Viale Paulista, il cuore finanziario del Brasile.

E pensare che una situazione simile, i brasiliani l’hanno già vissuta con la Confederations Cup dell’estate scorsa, dove, però, le proteste erano state meno plateali rispetto a quelle di quest’anno, quando, per l’occasione, è stato fatto anche un inno di protesta cantato dal brasiliano Edu Krieger ed intitolato “Desculpe, Neymar” (Scusa, Neymar).

Il timore dei manifestanti, è quello di fare la stessa fine del Sudafrica quattro anni fa: passato il fomento per aver organizzato i Mondiali 2010, era arrivato il momento di fare i conti e risultò che invece di guadagnare 600 mila euro come previsto, il Sudafrica perse 2,3 miliardi. Molti di questi soldi sono usciti dalle tasche degli imprenditori privati che, avendo imparato la lezione, quest’anno metteranno pochissimi soldi a disposizione.

Questo Mondiale sarà ricordato come il più costoso della storia. Già, perché, nonostante il 99% dei costi dell’organizzazione della manifestazione sarà stanziato dal settore pubblico, il Brasile spenderà più delle tre precedenti edizioni dei Mondiali messe insieme: i tornei di Giappone-Corea del Sud, Germania e Sudafrica, avrebbero inciso sul bilancio globale rispettivamente 16, 6 e 8 miliardi di dollari, per un totale di 30 miliardi; mentre le stime del Governo brasiliano indicano che il bilancio ufficiale arriverà fino a 40 miliardi, e rischia di superare la soglia dei 50 miliardi.

Non sembra preoccuparsene molto la Presidente Dilma Rousseff, che assicura a tutti una crescita economica, la creazione di nuovi posti di lavoro (700mila circa) ed un aumento del Pil dello 0,26%, cioè 4 miliardi di dollari.

Se veramente fosse così, non sarebbe poi così male organizzare un Mondiale in casa propria.

Ma la realtà dice altro. Dice che le enormi spese sostenute per costruire nuovi stadi, hanno portato un aumento del costo della vita e frequenti black out elettrici. Per moltissimi brasiliani la vita negli ultimi due, tre anni è diventata più dura; la percezione di successo e progresso del lungo decennio di crescita che iniziò negli anni 2000, si è affievolita. Purtroppo, nonostante la diminuzione negli anni recenti, la disuguaglianza nella distribuzione del reddito rimane una delle più alte al mondo.

Le grandi uscite economiche per organizzare la Coppa del Mondo sono state la goccia che ha fatto traboccare il vaso: è aumentato il disavanzo del bilancio pubblico e le politiche monetarie che la banca centrale ha adottato per combattere l’inflazione, hanno un impatto negativo sulla crescita economica.

Ad ottobre si terranno le elezioni presidenziali, per le quali Dilma Rousseff è la favorita. Sia se venga confermata lei, sia se venga sostituita, chiunque prenda le redini del Paese avrà non pochi grattacapi da gestire.

Almeno per un mese, però, il Brasile sarà riunito (chi allo stadio, chi davanti alla tv) intorno ad una Nazionale che, per un po’ di tempo, farà dimenticare i problemi economici.

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