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LA “VERA FOTOGRAFIA” DI GIANNI BERENGO GARDIN

 

Header-ITAdi Sabrina Sciabica (AG. RF. 26.05.2016)

(riverflash) –  Al contrario dell’attuale smania di fotografare ogni dettaglio, anche il più insignificante, della realtà, la fotografia del maestro ligure Gianni Berengo Gardin nasce da un’acuta osservazione e da una studiata selezione dei soggetti da ritrarre.

Al tal proposito, spiega in un’intervista: “Dico ai miei ragazzi dei corsi di fotografia: prima pensa, poi casomai scatti. Non è detto che devi scattare sempre”. E, ancora, “Per me la fotografia è testimonianza di una cosa che ho visto e che è successa sotto i miei occhi”. Il risultato è evidente: si tratta di “immagini vere e non illustrazioni, non frutto di elaborate manipolazioni, ma frammenti di realtà colti da uno sguardo attento e partecipe”.

Le opere di Berengo Gardin saranno esposte, fino al 28 agosto 2016, al Palazzo delle Esposizioni di Roma, in una mostra dal titolo “La vera fotografia. Reportage, immagini, incontri”.

Si evince, guardando le immagini, una riflessione alla base degli scatti, che hanno come oggetto i volti, gli sguardi, i sentimenti della gente comune. C’è, anche, la serenità di paesaggi sconfinati e la dinamicità del mondo del lavoro; la dolcezza di un bacio e la drammaticità della follia. Il percorso è diviso in varie sezioni tematiche: Venezia, Milano, Il mondo del lavoro, Manicomi, Zingari, La protesta, Il racconto dell’Italia, Ritratti, Figure in primo piano, La casa e il mondo, Dai paesaggi alle Grandi Navi.

Gli argomenti trattati sono tanti e tutti resi senza la minima trasformazione delle immagini, senza photoshop per intenderci, senza nessuna alterazione di colori o di altro. Nella sua carriera, infatti, Berengo Gardin si è sempre dedicato alla documentazione oggettiva della realtà a lui contemporanea, ai cambiamenti dell’Italia, all’indagine sociale. Ne sono testimonianza le foto sulla condizione della donna e sulle classi più emarginate come quelle che hanno per soggetto gli zingari. Anche le trasformazioni territoriali sono state documentate nei suoi scatti: negli anni ’80 comincia a collaborare con Renzo Piano fotografando le fasi di realizzazione di numerosi progetti.

Nelle 250 fotografie esposte riflettiamo su ogni aspetto della quotidianità, sull’essere umano e su tutto ciò che lo circonda; momenti catturati dallo sguardo di un uomo che ama la vita e la sua vivacità. “Quando fotografo ­– ha detto Berengo Gardin – amo spostarmi, muovermi. Non dico danzare come faceva Cartier-Bresson, ma insomma cerco anch’io di non essere molto visibile. Quando devo raccontare una storia, cerco sempre di partire dall’esterno: mostrare dov’è e com’è fatto un paese, entrare nelle strade, poi nei negozi, nelle case e fotografare gli oggetti. Il filo è quello; si tratta di un percorso logico, normale, buono per scoprire un villaggio ma anche una città, una nazione. Buono per conoscere l’uomo”. 3

 

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