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“La preda perfetta”: la recensione

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di Valter Chiappa

(AG.R.F. 20/09/2014) (riverflash)

Negli ultimi anni, Liam Neeson ha dato spesso volto a giustizieri, in film come “Io vi troverò” o “Taken – La vendetta” o ha messo il suo fisico possente a disposizione di film d’azione di varia natura (“A-Team”, “The grey”)

In “La preda perfetta”, tratto dal romanzo “Un’altra notte a Brooklyn” del giallista Lawrence Block, il ruolo di Matt Scudder, investigatore senza licenza con precedenti da poliziotto e da alcolista, gravato a vita dal peso di un errore incancellabile, sembra ritagliato sulla sua espressione dolente e sul suo corpo legnoso.

L’inizio promette bene: mentre scorrono i titoli di testa una bellissima sequenza, composta da piani molto ravvicinati, narra in maniera allusiva uno degli efferati delitti da cui diparte la vicenda.

Ma ben presto “La preda perfetta” si rivela purtroppo un thriller più che convenzionale. Che ha peraltro una colpa in più: introdurre forzatamente nello stesso contenitore troppi elementi diversi del linguaggio di genere.

Così, oltre al solito detective triste e solitario e al suo passato inconfessabile, c’è il ragazzino, ovviamente emarginato, che ne smuove gli arrugginiti sentimenti, ci sono gli spacciatori ed i poliziotti corrotti, ci sono i cattivi, stavolta cattivissimi. Questi ultimi sono poi un capolavoro di eclettismo del male: rapiscono le loro vittime come taglieggiatori assetati di denaro, ma ne abusano anche, da bravi maniaci sessuali e le uccidono in modo raccapricciante, come consumati serial killer.

Tutto già visto e visto meglio; tutto messo insieme.

Così “La preda perfetta” non è un giallo, perchè l’intreccio è debole e i colpevoli sono presto svelati, non è un thriller, perché non entra nei neri abissi del male, non è un film d’azione, perché questa trova davvero poco spazio. Vuol essere tanto, riesce ad essere poco.

Da premiare assolutamente la fotografia, virata sui toni del grigio e del bruno e che rende a perfezione la visuale cupa del protagonista.

Il quale è ben reso da Neeson, non sono grazie al physique du rôle, ma anche con l’uso del muoversi pesante e trascinato di chi conduce a fatica il grave peso dell’esistenza.

Voto: 6-

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