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LA DELICATEZZA NELLA SCULTURA: GIOVANNI PRINI IN MOSTRA A ROMA

 

Gli amanti

di Sabrina Sciabica  (AG. RF. 03.02.2017)

(riverflash) – Giovanni Prini è stato un prolifico artista del secolo scorso, dalla mano delicata ed originale che, fino al 26 marzo 2017, la Galleria d’Arte Moderna di via Crispi a Roma celebra, con una mostra dal titolo Giovanni Prini, il potere del sentimento.

La sua opera più famosa è una scultura di oltre un metro e mezzo (Gli amanti, iniziata nel 1909) in marmo, in cui un uomo e una donna, i cui corpi fuoriescono dalla fredda pietra, si baciano così soavemente da esprimere calore e morbidezza. O meglio, dell’uomo si mostra un corpo ben delineato con muscoli, scapole e nervature ma le gambe sembrano immerse ancora nella materia, riprendendo il concetto michelangiolesco del non finito (si veda la Pietà Rondanini come esempio). La figura maschile ben allungata sovrasta quella femminile pur mantenendone il rispetto e, dunque, per protezione, tanto che il contatto avviene tra i volti, e le mani rimangono conserte. Della donna ammiriamo anche le gambe, esili e aggraziate, la pettinatura classica e la dolcezza infinita nella posa, con la forma del collo curvo all’indietro, che si abbandona fiduciosamente a lui in modo sensuale.

L’equilibrio perfetto tra maschile e femminile, come nella coppia innamorata che prova, insieme, passione e sentimento, o forse come l’intesa del creatore verso la sua creatura, o dell’artista verso la sua opera. Universi opposti che si attraggono per completarsi, come il liscio e il poroso del marmo, così volutamente lavorato dalle sapienti mani del Prini.

Si tratta, in realtà, di un tema tardo ottocentesco molto diffuso a livello internazionale che ha come modello primo il gruppo scultoreo del francese Auguste Rodin dal titolo Le Baiser  del 1882. Lo seguì in pittura Gustav Klimt con il celeberrimo Der Kuss, olio su tela del 1907. Esso fu esposto in Italia in occasione dell’Esposizione del 1911 dove sicuramente Prini lo ammirò mentre già preparava i suoi Amanti. Su quest’opera, dunque, oltre alle influenze classiche, c’è una sorta di dialogo con la cultura europea, seppur nella versione italiana l’autore realizzi una linea diversa mantenendo così il proprio stile.

Inoltre sono esposte, alla Galleria di via Crispi, versioni con altri materiali come Gli amanti in bronzo e quelli in gesso dello stesso periodo (1909) e ancora, nell’opera del 1918, sono in ceramica con colature di colore.

Alla Galleria si sottolinea come Giovanni Prini non fosse soltanto abile scultore ma prima di tutto profondo intellettuale e uomo di classe, capace di raccogliere attorno a sé le figure più importanti dell’epoca soprattutto nel periodo in cui (di nascita genovese) si trasferì a Roma e nella sua casa ospitò personalità del calibro di Boccioni e Cambellotti.

Aprono il percorso espositivo i dipinti di cari amici come l’Autoritratto di Severini e Nello Specchio di Balla; si prosegue con opere di Prini legate al tema dell’infanzia, a lui molto caro, e si ricorda che egli creò anche giocattoli (come i colorati birilli in legno dipinto).

Nella mostra vediamo olii, disegni, ceramiche, mobili creati dall’artista-artigiano, fotografie, taccuini e lettere per un totale di oltre 100 opere che riassumono la sua carriera.

Rendere malleabile ciò che è duro, dare vita a colori e materiali, tanto basta a fare arte. E questa prima apprezzatissima monografia su Giovanni Prini ci mostra la grandezza di questo Artista- intellettuale di cui ad oggi troppo poco si è parlato.

 

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