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“INTERSTELLAR”: la recensione

interstellar

di Valter Chiappa

(AG.R.F. 12/11/2014) (riverflash)

Poteva il talento visionario di Cristopher Nolan non dedicarsi al tema che nell’ultimo secolo ha maggiormente affascinato la creatività in qualsiasi campo? L’autore che ha percorso i meandri della memoria (“Memento”), che ha fantasticato sull’utopia del teletrasporto (“The prestige”), si è addentrato nell’universo impossibile dei sogni (“Inception”), ha riscritto un fumetto trasformandolo in una delle più affascinanti saghe fantasy apparse sullo schermo (la trilogia di Batman) aveva come naturale e quasi obbligato porto d’arrivo della sua opera il film di fantascienza.

Così in “Interstellar” c’è tutto Nolan.

C’è il tipico cerebralismo con cui il regista costruisce le sue trame complicatissime, fatte di incastri impossibili e meccanismi cortocircuitanti, avviluppate come scale di Escher dove si perde il limite della realtà e dell’invenzione.

C’è la passione per i recessi più misteriosi della conoscenza, che si alimenta a sazietà degli oscuri concetti della teoria della relatività o che si dilata negli ambiti infiniti dell’astrofisica.

C’è la sfrenata fantasia con cui vengano creati mondi altri, lande deserte incrostate da ghiacci perenni o sommerse da oceani dalle onde colossali.

In più c’è il sogno di Ulisse, dell’esploratore sempre pronto ad andare “oltre”, a valicare i confini alla ricerca dell’ignoto o meglio del divino, sacrificando sull’altare della conoscenza la vita e gli affetti.

Tutto è trattato con un rigore che mira a restituire comunque la massima verosimiglianza alla vicenda (non a caso, nonostante la spettacolarità del film, le elaborazioni grafiche al computer sono ridotte al necessario).

Il plot nasce da un soggetto del fisico teorico Kip Thorne e quanto rappresentato è scientificamente attendibile: dal wormhole, ovvero la “scorciatoia” che permette di attraversare il tempo (sembra che le elaborazioni necessarie per costruire il modello grafico del buco nero siano state utili alla stessa ricerca scientifica, che, a quanto pare, dispone di computer meno potenti), ai paradossi temporali conseguenti alla teoria della relatività, alle nubi di polvere che investono il pianeta e che rievocano le “dust bowles”, che negli Anni ’30 misero in ginocchio vaste aree degli Stati Uniti.

Ma “Interstellar” vuole anche essere una summa di tutto il cinema di fantascienza girato finora.

Così troviamo Stanley Kubrick (e come non si potrebbe), citato apertamente nelle suggestive sequenze con le astronavi in navigazione, dove al silenzio più puro si contrappone il suono cristallino del pianoforte. Si riecheggia “Incontri ravvicinati del terzo tipo”, nell’apertura dell’anima verso l’ignoto e la speranza del contatto. Altro riferimento è il meno conosciuto “Contact”, film di Robert Zemeckis del 1997, interpretato da Jodie Foster e Matthew McConaughey (non a caso richiamato in “Interstellar”), dove per la prima volta compare un tunnel spazio-temporale.

In definitiva un film estremamente ambizioso, supportato da ingentissimi mezzi (è costato 165 milioni di dollari) e da un cast stellare, con gli ormai onnipresenti Matthew McConaughey e Jessica Chastain, il feticcio di Nolan Michael Caine, Anne HathawayMatt Damon.

Ma il rigore scientifico, l’intellettualismo, la visionarietà diventano poesia nel bellissimo finale, dove la sceneggiatura, perfettamente circolare, si chiude con un’intuizione geniale, dando spazio, cosa veramente innovativa in un film di fantascienza, alla commozione e al sentimento.

L’amore, nella fantastica favola di Nolan diventa un concetto scientifico, la quinta dimensione che i nostri ignoti fratelli sperduti in qualche angolo dell’universo hanno conquistato e, in quanto tale, l’autostrada da percorrere per riuscire a violare il tempo e lo spazio, il grimaldello per vincere ogni legge del Creato, il tratto di unione fra l’Alfa e l’Omega.

“L’amore che move il sole e le altre stelle” era già stato detto da qualcun altro.

Ci voleva il genio di Cristopher Nolan per farne un film.

Voto: 8

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