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Il futuro della governance di Internet, l’esito del NETMundial in un’infografica

di Valentina Ruggiu (AG.RF. 28.04.2014) (ore 15,45) (riverflash) – Una due giorni per stilare le raccomandazioni che dovrebbero guidare il futuro sviluppo della governance di Internet. Questo è stato il NetMundial, il global meeting, primo nel suo genere, che si è posto l’obiettivo di promuovere la riflessione sulla gestione della rete e dei suoi principali problemi. Tenutosi il 23-24 aprile a San Paolo, ha visto la partecipazione dei rappresentanti ministeriali di ben 12 paesi (Argentina, Brasile, Francia, Ghana, Germania, India, Indonesia, Sud Africa, Corea del Sud, Tunisia, Turchia e Stati Uniti d’America),  dell’ International Telecommunication Union (ITU), del Dipartimento degli Affari Economici e Sociali (DESA) delle Nazioni Unite e la rappresentanza della Commisione Europea.

Il dibattito si è polarizzato attorno a due questioni principali: stilare un elenco di valori comuni su cui basare lo sviluppo ed il miglioramento dell’attuale governance da un lato e  mettere nero su bianco i problemi che ancora attanagliano l’evoluzione dell’ecosistema che la caratterizza. Il documento che è ne conseguito è il risultato di un dibattito democratico e partecipativo sviluppatosi a partire dai 180 paper inviati dai partecipanti.

Il primo criterio ad essere stato evidenziato è il rispetto dei diritti umani che, come nella realtà, debbono essere riconosciuti anche online. Tra questi rientrano il diritto d’espressione e quello di libera associazione (anche) sulle piattaforme online. Diritti che troppo spesso vengono tolti perché scomodi alla politica dittatoriale del megalomane di turno.  L’aspetto peculiare che caratterizza i social network sites (SNS), come Facebook e ancor di più Twitter, è la capacità di mettere in contatto le persone, consentendo di far entrare ed uscire notizie che non siano soggette a censura o manipolazioni da parte degli organi informativi istituzionali, offrendo, al contempo, uno spazio di dibattito e confronto pubblico. Il caso più eclatante fu quello della Primavera Araba, in cui Twitter giocò un ruolo fondamentale nell’organizzazione della rivolta, e che portò alla chiusura del social media in Algeria, Egitto, Tunisia, Malawi e Cameroon. Ma il blocco, a partire dal 2009, ha colpito indistintamente anche Facebook e Youtube in diversi paesi: Pakistan, Cina, Bielorussia, Iran, Turchia, Myanmar, Nord Korea, Siria,Vietnam, Eritrea.

Stando a quanto espresso nel report, il processo di governance deve essere inclusivo, trasparente ed affidabile. Da considerarsi come risultante dell’azione di un ecosistema, distribuito e coordinato, costituito dalle diverse organizzazioni che si occupano della sua evoluzione con lo scopo di rispondere agli interessi di tutti coloro che utilizzano la rete e di quelli che ancora non sono online. Promuovere i diritti umani ma non solo, si devono aggiungere la promozione e la tutela dell’innovazione, della creatività e della libera circolazione delle informazioni, come anche la garanzia che la sua architettura rimanga aperta e decentrata per preservarne l’indipendenza ed il libero accesso, il quale deve essere incentivato attraverso l’impegno dei diversi stakeholder nell’estendere questa opportunità a quante più persone possibili.

Tra i problemi messi in agenda vi sono: la necessità di una cooperazione internazionale per promuovere la sicurezza informativa e prevenire la criminalità, da attuarsi attraverso la collaborazione tra i diversi governi, il settore privato, il mondo accademico e la comunità di tecnici, ed una migliore regolamentazione della raccolta e del trattamento dei dati personali, che dovrebbe avvenire in conformità con la legge internazionale sui diritti umani.

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