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“IL FUNAMBOLO” al Teatro Vascello

Giuseppe-Zeno---Melania-Giglio-1

di Valter Chiappa

(AG.R.F. 06/10/2016)

(riverflash) Durante la sua rocambolesca esistenza, alla fine degli anni ’50, il poeta e drammaturgo francese Jean Genet allacciò un rapporto contorto con un giocoliere di origine algerine di nome Abdallah Bentaga.

Genet, valendosi del suo carisma, plagiò il giovane, spingendolo all’arte della fune. Nel suo impeto narcisistico, ne volle fare un’immagine vivente della sua concezione della rappresentazione artistica, per cui il teatro diventa sfida oltraggiosa e metafisica, tesa a “infrangere la barriera che ci separa dai morti” e in cui l’artista annulla il suo sé, per essere solo l’epifania di un personaggio: “Gli consiglierei persino di zoppicare, di coprirsi di stracci, di pidocchi, e di puzzare. Di svilire sempre più la sua persona, affinché l’immagine di cui vi parlo, abitata da un morto, risplenda più fulgida che mai. Di esistere insomma soltanto nella sua apparizione”. Il percorso dell’artista come quello del funambolo, sospeso sul baratro, distaccato dal mondo. Genet volle plasmare in Abdallah un suo doppio: un sadico esperimento, una scrittura con il sangue che considerava una sorta di capolavoro. Il ragazzo fu vessato e costretto a faticosi esercizi. Ma cadde due volte: la sua l’ingenua imperizia aveva fatto naufragare il progetto di Genet, che lo abbandonò. Abdallah Bentaga, sconfortato, finì per suicidarsi pochi anni dopo.

Quel rapporto fatto di edonistico dominio e devota sottomissione e al contempo le relazioni fra arte, acrobazia e morte sono riportate in “Il funambolo”, componimento poetico pubblicato nel 1958.

Nell’allestimento presentato al Teatro Vascello Daniele Salvo ne ha allargato la visuale, estendendo l’ambito della sua osservazione al mondo del circo e dalla rappresentazione in genere. Il regista ha difatti tratto dall’opera di Genet, più che un testo teatrale, uno spettacolo in cui si fondono recitazione, danza ed arte circense. Molteplici gli strumenti espressivi utilizzati: la musica (classici della canzone francese e musiche originali composte da Marco Podda), le immagini di filmati d’epoca in bianco e nero, le coreografie interpretate dai ballerini Yari Molinari e Giovanni Scura. E poi, naturalmente, la recitazione: quella sicura e misurata dei protagonisti Andrea Giordana, nei panni di Genet, e Giuseppe Zeno, il giovane funambolo, cui fa da contraltare quella straripante di Melania Giglio.

All’attrice piemontese è affidato il ruolo di un surreale Pierrot, messaggero della Morte, reso con movenze clownesche e profonde alterazioni della voce, dai toni stridenti delle esternazioni giullaresche alle timbriche cavernose con cui porge al destinatario acrobata i suoi tragici messaggi. La Giglio interpreta inoltre con grande potenza vocale brani o semplici frasi musicali, arricchendo ulteriormente una performance estrema che strappa l’applauso del pubblico.

Il risultato è di profonda suggestione. Arte e Morte camminano a braccetto sul filo d’acciaio, teso su di un palcoscenico che si riempie di un’atmosfera onirica e sospesa, in cui gli spettatori, a naso in su, riconoscono il ripetersi, ancora una volta, dell’eterna magia del Teatro.

Al Teatro Vascello
Fino al 7 Ottobre ore 21
“Il funambolo” di Jean Genet
Regia: Daniele Salvo
Con: Andrea Giordana, Giuseppe Zeno, Melania Giglio, Yari Molinari, Giovanni Scura

 

 

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