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IL FASCINO DI ROMA PER I VEDUTISTI TEDESCHI IN ESPOSIZIONE AL PALAZZO BRASCHI

10172760_10152343675394819_251695554962546983_ndi Maria Michela D’Alessandro (AG.RF 30.07.2014) (river flash) – Dopo i vedutisti inglesi e francesi, il Museo di Roma dà la possibilità a cittadini romani e turisti di ammirare le opere di un popolo, quello tedesco, sedotto dalla città eterna come mai nessuno ne fu nel periodo tra il Settecento e l’Ottocento. L’esposizione, l’ultima del ciclo “Luoghi comuni”, iniziato nel 2012, intitolata “Vedutisti tedeschi a Roma tra il XVIII e il XIX secolo”, sarà visitabile al Palazzo Braschi di Roma fino al 28 settembre 2014. Promossa dall’Assessorato alle politiche culturali e Centro storico – Sovrintendenza capitolina ai beni culturali, con l’organizzazione e servizi museali di Zètema Progetto Cultura, la mostra è curata da Simonetta Tozzi.

«All’epoca del Winckelmann era diffusa la convinzione che per essere artisti, bisognasse aver visitato Roma che “per le arti figurative era la capitale del mondo”», afferma la curatrice, che continua: «nessun altro popolo conobbe, come il tedesco, l’appassionata, spesso demoniaca nostalgia di Roma». Malgrado le due culture, italiana e tedesca, ieri come oggi, fossero diverse e distanti, era indubbia la volontà di visitare Roma e, per alcuni, operare nelle cerchie di artisti che vi vivevano. È così che le opere esposte in questa mostra sono state in gran parte eseguite da pittori, il più delle volte stranieri di passaggio in città, che gravitavano nella cerchia di un’artista tedesca, Angelika Kauffmann, e soprattutto nella sua dimora in via Sistina, che con il tempo divenne un luogo frequentato da intellettuali. C’è chi, tra questo viavai di artisti che decise di rimanere a Roma fino alla morte, come Jacop Philipp Hackert, un artista con una personalità carismatica, che attraverso le sue opere riuscì a donare quanta bellezza “invidiasse” ai paesaggi italiani.

Presenti anche le opere di Friedrich Wilhelm Gmelin, Johann Christian Reinhart, Jakob Wilhelm Mechau, Joseph Anton Koch, Albert Cristoph Dies e tanti altri. Tutti rimasero pietrificati dalla Roma di quel tempo, tutti ne trovarono ispirazione, tutti credettero fosse una tappa irrinunciabile dei loro tour. Alcuni rubarono qualcosa di quegli scorci mozzafiato, altri addirittura ne fecero la loro casa.  

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