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ECCO UN’IDEA PER LA GIORNATA ODIERNA: A CICILIANO C’E’ LA SAGRA DEL RAVIOLO

AG.RF.(redazione).22.07.2018

“riverflash” – A chi non piacciono i ravioli? E’ difficile trovare persone che non gradiscono questo gustoso piatto che verrà servito, condito con un ottimo sugo, in occasione della sagra che si sta svolgendo nel grazioso paesino di Ciciliano. Oggi dunque, dalle ore 12 e fino a serra, negli stand appositamente allestiti, sarà possibile gustare un piatto tipico di quel luogo e tante altre specialità. Ad accogliere tutti gli amanti di questa ghiotta specialità, ci sarà la musica dei Civico 33 e un intrattenimento per i bambini. I romani sicuramente non conoscevano il raviolo, ma preparavano dei piatti che potevano essere già considerati progenitori della pietanza. Una ricetta del cuoco romano Marco Gavio Apicio chiamata “patinam apicianam sic facies“- torta di Apicio -,  era già una specie di raviolo. Secondo gli storici dietro al termine raviolo ci sono diversi equivoci. Dall’interpretazione dei testi medievali sarebbe possibile comprendere che il nome “raviolo” poteva essere sia sinonimo di tortello, quindi un ripieno avvolto nella pasta, che indicare una sorta di impasti o polpette modellate a forma di uovo, cotte in brodo o in grasso. La nascita del termine “raviolo” avrebbe diverse interpretazioni, ad esempio una lo farebbe derivare da “rabiola” cioè piccola rapa, un’altra da “rovigliolo” nel senso di groviglio (per il ripieno). Ma quella che più ci piace, anche se non esistono documenti che la confermino, è l’ipotesi che il raviolo sarebbe stato concepito a Gavi Ligure, quando questo paese-roccaforte apparteneva alla “Repubblica di Genova”, il suo primo cuoco sarebbe stato un tal “Ravioli”, che è appellativo di famiglie tuttora residenti in zona. Il raviolo è l’unica pasta ripiena di cui si abbia notizia nei secoli XII e XIII. Secondo quanto si legge su “Paesaggio agrario in Liguria”, in un contratto della fine del millecento, un colono savonese si impegna a fornire al padrone un pasto per tre persone, alla vendemmia, composto di pane, vino, carne e ravioli. Nel ‘200 Genova comincia a diffondere i ravioli, anche grazie agli scambi che si facevano nelle “fiere”. Il “raviolus” giunge a Parma prima della fine del secolo (cronaca di Fra Salimbene), e verso la metà del ‘300 il Boccaccio lo esalta nel Decamerone fra le leccornie del Paese della Cuccagna: “…stava genti che niuna altra cosa facevan che far maccheroni e ravioli e cuocerli in brodo di capponi…”.

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