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E’ MORTO TOTO COTUGNO, UN ITALIANO VERO – AVEVA 80 ANNI ED ERA MALATO DA TEMPO

AG.RF.(redazione).23.08.2023

“riverflash” – TotoCotugno ci ha lasciati all’età di 80 anni; si è spento ieri all’ospedale San Raffael di Milano, dover era ricoverato per una grave patologia e tutti lo sapevano. Era nato, il 7 luglio del ’43 in una frazione di Fosdinovo da un sottufficiale della Marina di origini siciliane con la passione per la tromba, anche se poi il lavoro paterno l’aveva fatto crescere a La Spezia. Ha tentato in tutti i modi di salvarsi dal tumore alla prostata che lo aveva colpito: “Me lo trovarono in fase così avanzata che le metastasi arrivavano già quasi ai polmoni”, ricordava. “Avessero raggiunto entrambi i reni sarei stato spacciato e invece il professor Rigatti del San Raffaele riuscì a ripulire tutto sacrificandone solo uno. Entrando in sala operatoria disse a mia moglie: noi tentiamo, ma l’intervento è molto difficile”. Andò bene. “Alla mia età il futuro l’accorcio di molto e cerco di vivere soprattutto il presente, provando a combattere innanzitutto la mia atavica pigrizia”, diceva, parlando con gli amici. Approdò nella musica  alla metà degli anni Sessanta con formazioni (decisamente) giovanili quali Toto & i Rockers, Ghigo e i Goghi, o quei Toto e i Tati con cui nel ’70 si mise in luce a Un Disco per l’Estate con Questo fragile amore’. Con gli Albatros il cambio di passo. Grazie anche a Sanremo ’76 e a ‘Volo AZ 504’, pezzo-fotoromanzo (con in mezzo un aborto) molto acclamato. “Era Pallavicini, che considero il più grande autore della nostra canzone dopo Mogol, a chiedermi di spingere sul lato melodrammatico della vicenda”, si giustificava. “E chi se lo sarebbe mai potuto immaginare che un testo così dolente, associato ad una musica tipo 007, sarebbe riuscito ad arrivare terzo (ex aequo con ‘Gli occhi di tua madre’ di Sandro Giacobbe – ndr) al Festival?” A far diventare Toto-Salvatore una celebrità internazionale, più che i brani portati al successo da Johnny Halladay, Dalida o Iggy Pop (sì, l’Iguana, che volle inserire quella ‘Et si tu ne existais pas’ scritta per Joe Dassin nella sua raccolta di cover francesi “Après”), fu Adriano Celentano rifiutandosi di cantare ‘L’italiano’. La sua canzone-simbolo, enfatizzata da tanti in questo momento (soprattutto a destra) come inno di appartenenza, era entrata fra le proposte valutate dal ‘Molleggiato’ sulla scia di ‘Soli’, altro grande successo firmato Cutugno. “La scrissi nel ’79 a Bora Bora. Assieme ad un amico trovammo un pianoforte usato durante le riprese del kolossal ‘Uragano’ e poi abbandonato al suo destino”, raccontava. “Così lo caricammo su un aereo per portarlo da un artigiano-musicista di Papetee che non solo ne aggiustò con lui, sua figlia Raffaella, e Silvana Mangano. Dino viveva a Los Angeles, ma era ancora innamorato della sua Napoli e, cantando ‘Voce ‘e notte’, lo vidi piangere”. Celentano? “Rimane il più grande, ma io a tennis l’ho sempre battuto”. Ebbe tantissimo successo in Russia e se solo avesse accettato l’offerta dei russi d’imbarcarsi su una Soyuz, l’uomo di ‘Solo noi’ sarebbe diventato il primo cantante in orbita della cosmonautica sovietica. E invece ha preferito celebrarne le imprese da quaggiù, cantando sotto i riflettori del Cremlino ad anniversari come quello per i cinquant’anni del volo di Gagarin. I funerali si svolgeranno oggi a Milano.

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