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Cosa succede in Ungheria?

 

 

 

 

 

(riverFlash)-Abbiamo cercato di capire cosa stà succedendo in Ungheria e come mai in pochi ne parlano.

Grazie a Paola Peduzzi de “Il Foglio” abbiamo ottenuto questa notizia:

Il suicidio magiaro ieri s’è consumato all’asta andata maledei titoli ungheresi a tre mesi, la prima collocazione pubblica da quando il governo di Viktor Orban ha approvato alcune leggi “liberticide” che hanno indispettito mezzo mondo, soprattutto il mondo (Fondo monetario, Unione europea e Stati Uniti) che tiene in vita, economicamente parlando, l’Ungheria. Lunedì sera, davanti all’Opera dove il partito di governo, Fidesz, festeggiava la nuova Costituzione, migliaia di persone protestavano (70 mila secondo il governo, 100 mila secondo gli organizzatori – comunque tantissima gente), con i cappelli di pelo calati sugli occhi e cartelli enormi in cui dicevano: stiamo tornando a prima del 1989, sono stati soppressi i “check and balance” che hanno garantito la democrazia. Le leggi entrate in vigore il primo gennaio impongono un maggior controllo sui media e un cambio della legge elettorale che penalizza le minoranze (a guardarle con una buona dose di cinismo da Europa occidentale, non si discostano più di tanto da quelle in vigore in molte delle nostre democrazie).

A far innervosire i mercati e i grandi finanziatori dell’Ungheria sono state le misure sul potere giudiziario e, ancor di più, la fine dell’indipendenza della Banca centrale, la Magyar Nemzeti Bank: il governo ha assunto il potere di nomina dei collaboratori del governatore e può intervenire sulle decisioni di politica monetaria. A dettare questa mossa è stato certamente il nazionalismo (con venature populiste) che caratterizza l’autoritario governo di destra di Budapest, ma anche la faida che da anni avvelena la politica ungherese: quella tra Orban e il governatore della Banca centrale, András Simor. Ai finanziatori stranieri, le ragioni del governo importano poco: conta che queste leggi sono considerate inaccettabili, che dal giorno della loro approvazione sono arrivate missive pesanti da Washington e da Bruxelles e che il Fmi ha congelato i negoziati per gli aiuti richiesti per il 2012. Senza quei soldi, l’Ungheria è condannata al fallimento e forse all’estromissione dall’Ue: sarebbe il primo caso, nell’Europa che cade a pezzi, di uno stato che decide di suicidarsi.

Per quanto le faide di potere siano accecanti, per quanto il nazionalismo ungherese sia una cosa seria – già nel 1400 il re Mattia Corvino si considerava erede di Attila, sovrano degli unni, e in questo c’è anche un senso violento e malinconico di distruzione – ancora manca una spiegazione politica al perché Orban sia disposto a condannare tutto un paese alla bancarotta. I dati economici sono peggiorati ulteriormente nella seconda parte del 2011: il debito pubblico ha raggiunto il livello più alto dal 1995 (è all’82,6 per cento del pil, alla fine di giugno era al 76,7), anche a causa della caduta della valuta ungherese rispetto all’euro (metà del debito è in valuta straniera). I tassi delle obbligazioni a cinque e dieci anni sono arrivati al 10,4 per cento, il valore più alto dal 2009. Nel 2008 l’Ungheria aveva ottenuto 20 miliardi di euro di aiuti dal Fmi per superare il picco della crisi dovuta allo choc finanziario, e nel novembre scorso aveva richiesto di nuovo, al Fondo e all’Ue, altri 20 miliardi, in seguito a difficoltà a collocare il debito sul mercato e alla svalutazione del fiorino ungherese. A dicembre i funzionari di Bruxelles e del Fmi hanno abbandonato i colloqui preliminari per questa tranche di aiuti in seguito all’approvazione in Parlamento (dove il partito di governo ha la maggioranza) delle nuove leggi su stampa e giudici. Da quel momento Hillary Clinton, segretario di stato americano, e José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, hanno scritto più lettere a Orban per convincerlo a tornare sui suoi passi.

L’ambasciatore americano a Budapest ha scritto un articolo pubblicato sul magazine Heti Válasz per mettere il premier in allerta sulle conseguenze della sua politica. Tredici dissidenti ungheresi hanno firmato un appello per chiedere all’Europa di contrastare Orban, “tiranno provinciale” che tradisce il suo passato da oppositore della dittatura comunista. Ancora lunedì, Orban ha ribadito: “Resto fermo sulle mie posizioni”. Molti pensano che invece finirà per rivedere alcune leggi, soprattutto se dall’incontro informale dell’11 gennaio a Washington con Christine Lagarde uscirà ancora senza soldi.

lobo – RF –  (Il Foglio) – 08.03.2013

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