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“BIRDMAN”: le ragioni di un trionfo

birdman

di Valter Chiappa

(AG.R.F. 27/02/2015) (riverflash)

Con le 4 statuette in valigia, soprattutto le due di maggior peso specifico (regia e miglior film) Alejandro González Iñárritu e il suo “Birdman” sono i trionfatori dell’edizione 2015 degli Oscar. Cerchiamo di capire le ragioni di un successo che oggi tutti dicono annunciato, ma che fino alla vigilia era messo in forse, anche con vasto supporto di critica, dalle ambizioni di “Boyhood” di Richard Linklater e di “Grand Budapest Hotel” di Wes Anderson.

Per noi in verità non c’è mai stata competizione. “Birdman” è evidentemente il film dell’anno.

Lo è per magniloquenza, ricchezza e complessità di contenuti, tecnica registica somma, interpretazioni stellari: non c’è un aspetto in cui il film di Iñárritu non sia sempre e comunque sopra le righe, ostentatamente e sfacciatamente geniale; compresa la colonna sonora, una martellante batteria solista.

Alcuni critici, paradossalmente, imputano al regista messicano un delirio di onnipotenza, che lo avrebbe condotto ad un mero sfoggio di talento, privo di sentimento. Ma non c’è altrettanto virtuosismo, altrettanta ambizione, altrettanta esibizione di tecnica e di mezzi nell’eruzione creativa di Wes Anderson, traboccante di racconto, di colori, di costumi, di super attori? Se però il regista texano gonfia nuvole di zucchero filato per santificare il suo linguaggio caramelloso e asserve il virtuosismo al sentimentalismo, Iñárritu costruisce un’opera che, come la vera arte, è grande perché inafferrabile, ha tutto in sé, ma non ha una definizione.

“Birdman” nasce grande. Nelle interviste Iñárritu ha raccontato di come si sia barricato in una sorta di conclave con gli amici Nicolás Giacobone, Alexander Dinelaris, Armando Bo per stendere la sceneggiatura e di quanta attesa ci sia stata anche all’inizio delle riprese, per la piena coscienza di avere tra le mani l’opera maestra.

Partiamo allora proprio dalla sceneggiatura. “Birdman” è fondamentalmente un film sull’arte: l’arte e la follia, scandita dal rullante di quella ossessionante batteria; l’arte e la vita, quando vita e rappresentazione diventano indistinguibili nella claustrofobica ambientazione dello spazio teatrale; l’arte mercificata da parte dello star system, l’arte ghettizzata da parte di certa critica.

Ma a noi piace pensare che la storia di “Birdman” sia, nel suo cuore più profondo, un elegia del talento artistico, il dono che rende pochi predestinati capaci di volare, non come un pagliaccesco eroe mascherato, ma come gli uccelli del cielo verso cui Emma Stone, nella toccante scena finale, innalza i suoi grandi occhi verdi.

stone

Molteplici i registri utilizzati: la commedia ed il dramma, la satira caustica, frecce avvelenate scagliate a 360 gradi, ed il grottesco. Ed in più, ad accrescere ulteriormente tanta ricchezza, la citazione dell’opera di Raymond Carver What we talk about when we talk about love”, di cui la vedova dell’autore ha autorizzato l’utilizzo.

Sì, un’opera monumentale questa sceneggiatura, un Oscar strameritato.

La regia allora? Sulla tecnica registica di Iñárritu in questi giorni si sono versati fiumi d’inchiostro e si è veramente detto di tutto.

Anche i muri ormai sanno che “Birdman” è concepito come un unico piano sequenza, lungo quanto il film; sembra anzi che questo sia stato il filo da cui Iñárritu è partito per tessere il suo arazzo. Questo utilizzo estremo è stato di fatto inserito a furor di popolo nei manuali del cinema e sono stati cercati riferimenti non sempre appropriati, come quello ad Altman. L’Oscar alla fotografia attribuito al maestro Emmanuel Lubezki, già collaboratore di un poeta della macchina da presa come Terrence Malick, ha invece svelato al mondo le enormi difficoltà tecniche correlate alla richiesta di una ripresa senza soluzione di continuità. Se è vero che i tagli di montaggio, come ovvio, in realtà ci sono, è stato necessario uno studio esasperato del cromatismo e del bilanciamento delle luci di ogni scena, affinché l’illusione della fluidità della scena non venisse mai interrotta.

A noi piace invece riportare un’impressione personale e nulla affatto tecnica: la sensazione che a guidare la camera, con un volo continuo e silenzioso, da un punto di osservazione perennemente alto, ci fosse davvero l’Uomo Uccello, l’alter ego del protagonista, il simbolo materializzato della sua follia.

Oscar ad Alejandro González Iñárritu? A questo son of a bitch (come lo ha definito Sean Penn al momento della premiazione) dallo sguardo luciferino? E a chi altri allora?

Gli attori non sono stati premiati: forse si è ritenuto che fosse troppa grazia. D’altro canto tutti i candidati avevano in verità validissimi competitori: come non gratificare con il massimo riconoscimento l’immenso lavoro sul fisico fatto da Eddie Redmayne, la maturità interpretativa di Patricia Arquette, l’istrionica performance di J.K. Simmons?

Ma la prova di ognuno dei protagonisti di “Birdman” è stata veramente sopra le righe: stellare anzi quella di Michael Keaton, senz’altro sadicamente coinvolto dalla sovrapposizione col suo reale vissuto di interprete di Batman ed evidentemente conscio di avere tra le mani il copione della vita; sugli scudi anche Edward Norton, a suo agio nel ruolo dell’attore guascone e dal carattere intrattabile (anche qui sembra ci sia un chiaro riferimento biografico). Noi siamo stati toccati invece da Emma Stone, dall’interpretazione sofferta del dolore esistenziale del suo personaggio, sottolineata dal fisico smagrito e dal volto emaciato.

Insomma per tutto quanto sopra e per tutto quanto ciascuno spettatore potrà, con la propria sensibilità, riportare a casa, come poteva non essere “Birdman” il miglior film del 2015? Anzi, il confronto con i più recenti vincitori, basti menzionare quel polpettone di “12 anni schiavo”, servile omaggio alla black power di un regista peraltro carico di talento, ci fa azzardare a dire che “Birdman” è un film epocale. Ed ancora a quei critici che in “Birdman” non hanno trovato emozione vorremmo dire: cosa smuove di più il sentimento se non la contemplazione del talento nella sua massima espressione?

L’Uomo Uccello vola, questo a Lui compete; a noi resta inseguirlo con gli occhi, fino a che saremo capaci di aguzzare lo sguardo.

Voto: 9

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