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“Anime nere”: la recensione


anime neredi Valter Chiappa

AG.RF. 23/09/2014 (riverflash)

“Anime nere” narra una storia vecchia come il mondo.

C’è un serpente nero che cresce nel cuore della gente d’Aspromonte, un orrendo parassita che si alimenta di odi atavici e sangue, un mostro che anni e distanze non riescono ad estirpare.

Così, quando i fratelli Luca e Rocco decidono di lasciare i brillanti traffici internazionali e gli agi borghesi di Milano per tornare al paese di provenienza, dove un focoso nipote ha smosso consolidati equilibri, il demone risorge e l’antica tragedia va nuovamente in scena: i patti di sangue, gli odi mai sopiti, i morti ammazzati, i funerali, le donne dolenti.

Sarà il terzo fratello, quello che ha deciso di isolarsi da quel mondo e vivere fra le sue capre, a chiudere il cerchio della vicenda, secondo un canone da tragedia greca: l’unica soluzione, l’unica via d’uscita è, pena la follia, estirpare il male alla radice, uccidere definitivamente il serpente schiacciandogli la testa.

“Anime nere” non è un film di denuncia, non è un film sulla malavita organizzata, non è Gomorra trasportato in Calabria; è un saggio di antropologia culturale, racchiuso nell’ambito di un racconto monolitico. La precisione del documentarista descrive una società e la sua cultura immutabile; la vis drammatica del tragediografo vi aggiunge l’elemento di un Fato incombente ed ineludibile.

anere

Gli attori, scelti con un casting felicissimo, hanno volti scolpiti nella roccia e nel legno d’ulivo; belle teste dagli zigomi fieri o tragiche maschere disegnate dalle rughe, occhi di carbone e sguardi fulminanti. Nel cast molti abitanti del luogo; e l’idea di contrapporvi un volto estraneo, Barbora Bobulova con i suoi lineamenti di porcellana, è efficacissima nel rafforzare l’idea di unicità del contesto.

Perché l’altro indiscusso protagonista del film è Africo, il paese ove viene ambientata la vicenda. Diviso fra il borgo antico, diroccato da mille terremoti e abbandonato nel dopoguerra e il nuovo abitato costruito sulla costa, ove furono trapiantati a forza i pastori, privati anche dell’identità di poveri, Africo è diventato un luogo simbolico e la sua comunità, afflitta dal fiorire della ndrangheta e decimata dai tumori causati dallo sversamento di rifiuti tossici, l’emblema di un degrado estremo e senza speranza.

Nel film il vecchio paese e le sue rovine incombono come le scenario immutabile di una tragedia senza tempo, mentre i protagonisti si muovono nel caos delle costruzioni di cemento, nuovo squallore aggiunto all’antica pena.

“Anime nere” giunge nelle sale mentre è ancora roboante l’eco della standing ovation ricevuta a Venezia.

Al termine della proiezione sentiamo di unirci a quel plauso, per aver visto un’opera granitica, perfettamente compiuta nella scrittura, di grande impatto emotivo.

 

Marco Leonardi, Peppino Mazzotta, Fabrizio Ferracane, Anna Ferruzzo, Giuseppe Fumo, Pasquale Romeo, Vito Facciolla, Aurora Quattrocchi: l’ultima doverosa citazione è per gli attori, ottimi professionisti dal nome poco noto ai non addetti ai lavori, alcuni dei quali forse non assurgeranno mai ai fasti delle grandi produzioni, ma che meritano, per l’arte e la passione riversata in questo film, di restare nell’affetto del pubblico.

Voto: 8

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