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The family next door” (Usa 2020) di Jenny Popplewell, un thriller interpretato dai reali protagonisti

di Marino Demata (RiveGauche)

AG.RF 11.10.2020 – Il film American murder: the family next door tratta di un omicidio, che nasce come caso di improvvisa e misteriosa sparizione di una donna e delle sue due figlie. È purtroppo una tipologia di omicidio abbastanza frequente in America e non solo. Questo film, però, è assolutamente originale, non per la tipologia del caso in questione, ma per il modo col quale è stato girato. Innanzitutto, non ci sono attori, perché gli attori sono gli stessi reali protagonisti della vicenda, che quindi interpretano (involontariamente) se stessi.
Il caso è quello di Shannan Watts e delle sue due bambine di 5 e 4 anni. Shannan aveva l’abitudine di filmare e mandare per via Facebook qualunque cosa le accadesse. Pertanto, la regista, Jenny Popplewell, ottenuti i necessari permessi di utilizzo, si è trovato tra le mani un materiale immenso, che ripercorre la storia di Shannan dal suo primo matrimonio fallito, a quello col suo nuovo uomo, Chris, alla sua felicità nel costruirsi una famiglia con due bellissime bambine e con un terzo figlio in arrivo. Vediamo scorrere le immagini di tale felicità in varie feste di compleanno e in molti momenti di gioia col suo uomo.
Ma, poiché Shannan è abituata a filmare tutto, ma proprio tutto, e non solo i momenti felici, troviamo una ampia documentazione filmica anche dei suoi problemi, delle sue delusioni, delle sue più svariate problematiche. Ad esempio, quando si reca, dal paese del Colorado, Frederick, dove ha la sua casa, in North Caroline con le due figlie, a visitare i suoi genitori e i suoi suoceri. Ha dei momenti di tensione con sua suocera, rea di offrire ad una delle due piccole del cibo assolutamente sconsigliato per le patologie alimentari di cui la bambina soffre. Stessa accurata documentazione troviamo anche relativamente ad alcuni  momenti di litigio con suo marito. E quando la documentazione filmica manca, ci sono le confidenze a qualche amica, presenti sul suo cellulare o sulla chat di Facebook.
Per un regista che voglia girare la storia su una improvvisa sparizione di una donna e delle sue due bambine, indubbiamente non c’è di meglio che trovare un tale materiale già girato, che si tratterà solo di assemblare con un montaggio il più significativo possibile, mettendosi naturalmente dalla parte di chi ha realizzato il materiale, Shannan. Il girato viene offerto al pubblico non solo in una consequenzialità temporale, ma anche attraverso dei flashback, che rendono più viva e dinamica la trattazione.
E veniamo al momento clou della narrazione, senza arrivare fino alla soluzione del caso, che toccherà allo spettatore scoprire. Siamo alla mattina del 13 agosto 2018. Shannan Watts era ritornata la sera prima da una convention organizzata dalla società per la quale lavorava. La mattina successiva la sua amica e compagna di viaggio  le invia dei messaggi, ma non riceve alcuna risposta. La donna è scomparsa ed anche le due figlie. A Frederick, la cittadina del Colorado nella quale si svolge il dramma, sono in molti a conoscere Shannah e la sua famiglia. Per tanti di loro si tratta della “famiglia della porta accanto”. Il film si sofferma sulla estenuante attesa di qualche cenno di vita da parte di Shanna e sulla paura e trepidazione da parte del marito, dei vicini e degli amici. Le indagini della polizia sono immediate e rigorose. L’assassino sarà presto portato negli uffici della polizia e sottoposto alla “macchina della verità” , nella quale il sospettato fallisce completamente. Il passo successivo, la confessione, avviene in tempi relativamente brevi. Il film ha la sua conclusione logica, che è la conclusione della realtà, che vede, anche in questo caso, la condanna del vero assassino. Un film veramente unico nel suo genere per il modo col quale è stato costruito e girato e per l’intelligenza con la quale è stato utilizzato il materiale.

Ci sono soltanto due punti che ci lasciano dubbiosi e sui quali  il film non offre molti chiarimenti: tutte le fasi dell’interrogatorio alle quali assistiamo grazie alla camera che, come sempre, registra ogni passaggio o movimento o affermazione del sospettato, avvengono senza la presenza di un avvocato difensore. È probabile che nella fase iniziale della inchiesta ciò sia previsto dalle normative americane. Ma questo in verità lascia perplessi, anche se, probabilmente, la presenza di un legale non avrebbe potuto modificare le convinzioni finali, nè, in coscienza, un avvocato avrebbe potuto consigliare al proprio assistito di negare l’evidenza dei fatti.
Il secondo punto che lascia qualche perplessità riguarda l’utilizzo dell’enorme materiale che Shannah ha lasciato sui social network e le conversazioni registrate sul suo cellulare. Ci sembra del tutto evidente che, per l’utilizzazione di tale materiale, Jenny Popplewell dovrà aver ricevuto una precisa autorizzazione da parte dei genitori di Shannah. Emergono tuttavia particolari molti intimi che, sostanzialmente, invadono e distruggono la privacy della povera vittima. Su questo non ci sentiamo, sinceramente, di esser d’accordo con la pur bravissima regista. Possiamo solo comprendere che l’utilizzazione di tale parte del materiale non ha, da parte della regista, delle finalità di spettacolarizzazione del personaggio. Nelle intenzioni essa è, in tutta evidenza, tesa ad offrire al pubblico una conoscenza umana completa della vittima, affinché lo spettatore si renda conto che ci troviamo di fronte non ad una persona da santificare in quanto vittima innocente, ma ad un essere in carne ed ossa, con le sue gioie, i suoi dolori, le sue debolezze, e i suoi timori. E, proprio per questo, rappresenta quella famiglia della porta accanto che ognuno di noi potrebbe conoscere. Come dal titolo del film che risulta veramente del tutto perfetto.

 

Fonte: https://rivegauche-filmecritica.com/

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