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QUANDO A MILANO SI SCOMMETTEVA SULLA «PELOTA» E A ROMA SULLE CORSE DEI LEVRIERI

AG.RF 20.12.2019

(riverflash) – Non c’era molta scelta per gli appassionati di scommesse al termine della seconda guerra mondiale. C’era il Totocalcio, ma era un concorso a pronostici non una scommessa, e c’erano le corse dei cavalli negli ippodromi e in poche agenzie, che allora si chiamavano Sale Corse e non avevano insegne luminose. Finite le corse dei cavalli, a Roma si poteva scommettere sui “cucciolotti”, cioè sulle corse dei levrieri, che prima stavano alla Rondinella, dietro al Palazzetto dello Sport, e poi sotto ponte Marconi. Poi la chiusura a maggio 2002. Erano pochi ad andarci e più delle corse amavano le scommesse. Molti, delusi dal pomeriggio all’ippodromo cercavano la riscossa economica al cinodromo. A Milano, invece, si poteva scommettere sulle partite di «Pelota».

Adesso della «Pelota» è rimasto il nome. «La Pelota» oggi è una location da eventi in via Palermo 10. Fino a qualche anno fa ospitava incontri di pelota, con squadre costituite in massima parte da giocatori provenienti dai Paesi Baschi. Il pubblico poteva scommettere sui giocatori.

La storia della «Pelota» a Milano ha inizio nel 1946 quando l’imprenditore milanese Del Pozzo costruisce e apre in via Palermo un campo lungo 55 metri e largo 10. Il gioco consiste nello scagliare contro una parete la pelota, una palla di caucciù realizzata artigianalmente, elastica ma dura come un sasso. La palla può raggiungere i 300 chilometri orari e gli scambi velocissimi e pericolosissimi. Il pubblico è protetto da una rete, gli atleti da un casco. In una celebre puntata del telefilm Miami Vice un giocatore rimane ucciso dalla pelota che pare abbia causato in tutto il mondo una cinquantina di morti.
La pelota può rimbalzare una sola volta a terra o sul muro laterale, poi deve essere rilanciata contro la parete. Chi sbaglia regala il punto agli avversari. Squadre da sei a nove, con la chìstera come racchetta, una cesta di vimini lunga mezzo metro e larga 5 centimetri, giusto il diametro della palla.

Dal 1976 la pelota di Milano divenne un’eccellenza mondiale: il napoletano Salvatore Laino con l’aiuto del giocatore basco Sabino Elizburu riuscì a portare in via Palermo i migliori giocatori del mondo, strappandoli al mercato americano. Il motore erano le scommesse. Negli anni ’80, gli anni d’oro in cui lo sferisterio era ritrovo per centinaia di appassionati, si puntava sui giocatori, con puntata minima di mille lire. Chi c’è andato ricorda un’unica grande scritta sulla parete laterale: “La decisione dell’arbitro è inappellabile”. E si ricorda che dopo l’assegnazione di ogni punti si levavano le grida di scommettitori imbufaliti che si scagliavano contro l’arbitro.
Il 31 maggio 1997 Salvatore Laino e la moglie Gabriella Zocca si arrendono, dopo 21 anni. I campioni tornano in America, altri vanno a Cannes. In Italia non resta più alcun impianto. Ma tre ex giocatori, Severino Elizburu assieme a Jesus Echaniz e Jose Torres rimangono a Milano e aprono un ristornate: la Taverna Basca in Ludovico il Moro.

Il testo della storia della «Pelota» è tratto da #Xmilanocittastato

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