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Messaggio apocalittico di Mario Draghi: “Crisi di solvibilità da bordo del precipizio”

di Mauro Bottarelli (Business Insider Italia)

AG.RF 16.12.2020 – Dopo un periodo di lungo silenzio, nel corso del quale però le voci sul tuo conto si sono rincorse e moltiplicate a tal punto da tramutarti in un convitato di pietra permanente, il rientro sulla scena appare sempre problematico. Quantomeno, se in realtà l’ultima aspirazione che si ha al mondo è proprio quella di essere trascinato per la giacchetta in una disputa che imporrebbe modi e tempi sgraditi. O, quantomeno, predeterminati da altri.

Mario Draghi, forte del suo status globalmente riconosciuto di uomo che ha salvato l’euro, pare non essersi posto il problema: ha semplicemente fatto il suo lavoro. Con un timing pressoché perfetto, però. E un po’ sospetto. Questa volta, l’ex governatore della Bce è infatti sceso in campo in qualità di membro senior del prestigioso Gruppo dei 30 e in tandem con un altro pezzo da novanta della finanza internazionale come Raghuram Rajan, ex governatore della Banca centrale indiana.

I due hanno infatti curato un report, i cui toni e argomenti paiono però destinati a suscitare dibattito globale, soprattutto alla luce del medesimo allarme lanciato dalla stessa Bri, la Banca centrale delle Banche centrali, la scorsa settimana: il rischio di precipitare, dopo la pandemia, da una fase di crisi legata alla liquidità a una incentrata sulla solvibilità.

Tradotto, il rischio di una catena di default corporate causata dal ritiro delle misure di supporto che i vari governi hanno messo in campo nel corso della crisi da Covid. E che, in molti casi, hanno garantito non solo la sopravvivenza ma anche la proliferazione delle cosiddette zombie firms. Nel loro report, i due banchieri mettono in guardia dal fatto che “l’enorme flusso di liquidità pompato nelle economie per mantenere a galla le aziende durante gli shutdowns appare insostenibile“, tanto che “una prospettiva da bordo del precipizio si sta sostanziando a livello di tasso di insolvenze, al netto di programmi di supporto che via via perdono flussi di finanziamento e il capitale viene eroso dalle perdite”. E ancora: “La crisi di solvibilità sta già intaccando le forza sottostante del settore imprenditoriale in molte nazioni… Il problema è peggiore e più grave di quanto non appaia in superficie, perché l’enorme supporto di liquidità, così come la natura senza precedenti della crisi in atto, stanno ancora mascherandone la reale entità”.

Che fare, quindi? Tre le raccomandazioni principali rispetto agli ambiti su cui appare necessario focalizzare da subito l’attenzione.

  • Primo, la solidità di lungo termine dell’impresa, la quale impone come ricetta un approccio che muti dal supporto su larga scala a quello targetizzato.

  • Secondo, un uso più produttivo delle risorse, inteso come l’affidarsi all’expertise del settore privato per valutare il grado di redditività delle aziende e garantire il raggiungimento di obiettivi sociali, come un approccio green dell’economia, svolta quest’ultima da ritenersi fondamentale per un’accelerazione della ripresa.

  • Terzo, prevenire danni collaterali attraverso un irrobusimento del sistema finanziario.

Nel report, i due autori definiscono fin da subito “scelte dure e difficili” quelle raccomandate, tali da causare “potenziali contraccolpi a livello politico”.

Insomma, il classico intervento impopolare ma necessario. Un qualcosa che, traslando e incentrando la questione sul dibattito in atto in queste ore nel nostro Paese, ricorda molto i presupposti dello sbarco di Mario Monti a Palazzo Chigi, al fine di evitare la catastrofe imminente nell’autunno del 2011. Fra le ricette attive che il report suggerisce, infatti, compaiono “l’abbandono di programmi di aiuto a largo spettro e la limitazione del supporto governativo in aree dove il mercato sta fallendo”.

Di fatto, un programma da lacrime e sangue. Un programma politico. All’interno del quale, infatti, trovano spazio idee già circolanti in ambiti accademici ma che finora non avevano ottenuto particolare attenzione, come ad esempio l’attivazione di percorsi di facilitazione legislativa e regolamentare alle iniezioni di equity nelle aziende o la riforma del diritto fallimentare, “al fine di salvare aziende che sono fondamentalmente sane ma che hanno bilanci malsani”.

Per i due autori, “c’è la necessità urgente di agire prima che sia troppo tardi. Offrire supporto al settore corporate nel modo più efficiente ed efficace possibile è essenziale per proteggere gli standard di vita in tutto il mondo e preparare il campo per una resilienza economica di lungo termine e una crescita sostenibile, una volta che i peggiori effetti della pandemia saranno stati eliminati”. Parole che, ad occhio e croce, troverebbero più di un entusiasta sostenitore nell’arco parlamentare italiano, oltre che in Confindustria. Pubblicate sotto forma di report proprio ora, nel pieno di una verifica di governo che assume sempre di più i profili di un conto alla rovescia. Ovviamente, solo una coincidenza. Decisamente simbolica, però. Anche perché, questo governo sarebbe in grado di prendere e sostenere “scelte dure e difficili”?

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