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VIAGGIO IN ITALIA: TRADIZIONE DI BALLI E CANTI DI CALABRIA, SARDEGNA, FRIULI VENEZIA GIULIA

folklore-calabrese-1di Alena  e  Francesco  Angellotti (AG:RF 27.03.2015) ore 22:28

(riverflash) – Interessantissimo lo studio che si è svolto presso la Biblioteca di Terni, il primo dei tre capitoli riguardo la musica “tra folklore e tradizione”.

Non sarebbe mai stato possibile elencare tutte le prove di danza, anche perchè spesso le influenze possono essere diverse in una sola area circoscritta. Però sono state prese tre regioni, dal messaggio musicale ballato molto forte, e si è compiuta una sorta di parabola, per vedere i diversi contenuti sempre vivi in tutt’Italia. Così si è partiti dalla Calabria per navigare fin’in Sardegna per volare in Friuli Venezia Giulia, tre regioni in cui il bagaglio etnico e folkloristico ha avuto una determinante partecipazione storica. Le matrici e quindi lo svolgimento dei diversi ambienti, formati con bagagli e culture diverse, hanno comportato delle espressioni sfociate da realtà sociali lontane, quindi i ritmi hanno espresso forme di Danza dal diverso significato, perchè diversi i loro presupposti. Ma è interessante e bellissimo notare che la Musica e l’ espressione popolare è legata chiaramente al popolo: che ha sempre una matrice comune ed è unito nelle situazioni, che si evidenziano sotto forme varie tra loro, a secondo delle alternanze della realtà sociale.

   All’esordio è stato fatto l’invito per il 28 e 29 agosto ad una Festa di Piazza, effettivamente espressione popolare, che si svolgerà a Carsule ed a Terni. Per chi non si troverà alle Antille, sarà un’idea divertente: quella di partecipare alla baldoria con tutta la gente, che non si conosce, ma con cui si condivide la quotidianità.

   L’inizio è toccato ad Anna Maria Civico, nata e cresciuta nelle terre da cui ha assunto umanità e cultura, anche se ormai sono anni che si è trasferita a Terni: continuando lo studio e scoprendo le radicate esperienze della sua Terra. In fondo, il Meridione, posso dire, è un posto così incantevole e ricco, che quando ci si allontana, si può trovare ambiente dinamico e accogliente, ma il cuore pulsa sempre riscaldato dal Sole del Sud (a parte filmetti alluinanti girati da chi non ha capito qual’è il vero contenuto intriso nel Meridione). La preparata Anna Maria ha dovuto cercare molta concentrazione nel riuscire ad esporre con esattezza il discorso che aveva preparato, perchè, come detto prima, tante sono le forme e le influenze assorbite da una regione in cui le Montagne sono a ridosso del Mare. Infatti la cultura calabrese ha assorbito il bagaglio delle terre africane ed asiatiche mediterranee (a breve distanza separate dal mare), addirittura dalla Turchia (ove ricordiamo sorse la Capitale dell’Impero quando i Romani ammisero la necessità di dividersi: splendida Costantinopoli), la Grecia sopratutto quando si è allargata a Magna Grecia, gli Arabi che hanno portato cultura e benessere imponendola; sembrerebbe abbiano assorbito fonti culturali simili alla Sicilia, ma quello scherzo d’acqua che è lo stretto basta da sempre a dividere le due regioni. Comunque il particolare musicale presentato è la danza Arberesh, una forma di ballo molto partecipato in cui le donne che si muovono sentono l’armonia intensa e pregnante; ed è questa una forma d’Arte Tradizionale che, anche quella presentata oggi, affonda le radici nell’area ellenofona (chiaro, no? ellenos – phonia: e che ce vo?). Altre sono state le esperienze e l’espressioni danzanti elencate e descritte più sommariamente: in effetti la Calabria è una terra in cui il contenuto musicale danzato ha avuto un ruolo importantissimo, più che infondendo forza col ritmo, nell’esternare lotta e sofferenza nella Solidarietà, in una terra troppo spesso sfruttata nelle sue straordinarie capacità, ma messa nell’angolo in attesa del suo turno, che non arriva mai.

   Facendo un salto, o meglio, dopo lunga traversata in nave, arriviamo in Sardegna ove ci accoglie la dott.ssa Tanas, gentile ed esplicita e non c’è voluto molto per trovarla. In particolare, la dottoressa ha fatto tanas mettendo il segno su Teulada, paese estremo meridionale. Le prime popolazioni si erano insediate negli estremi isolotti dell’Isola (non è un bis in idem), ma quando i Mori si sono svegliati, ed hanno trovato interessante invadere e dominare chiunque avessero trovato di fronte nel loro atteggiamento espansionistico, gli abitanti sono scappati nelle coste meridionali della Sardegna, in zona addirittura malarica. Lì, certo, nessuno andava a disturbarli, ma anche loro sono spariti dalla Storia e non si ha più alcuna traccia; ma ci si ravvede della loro presenza, forse mutate un po’ le condizioni ambientali, nel 1600, quando il re di Spagna, che con le manie di grandezza dell’ Epoca aveva preso dominio della zona, vendette per vil denaro il loco ad un personaggio che portava il nome (o soprannome?) di Catalan. La zona, come immaginabile, allora non era molto popolata, però Catalan eseguì un escamotage, anche se di subbia correttezza: tutti coloro che potevano subir condanne per reati commessi (ma non troppo gravi), venivano condonati se andavano a risiedere a Teulada. Certo si è creato un ambiente di persone non proprio pulite, ma è importante verificare come anche certa gente, se gli si da strumento per condurre una vita attiva e dinamica, riesce ad esprimersi con Umanità. Così si è formata una Società ridente e produttiva, che ha sviluppato, nella città, una dinamica culturale, in cui il ballo è una parte essenziale per sviluppare l’ amore e l’attaccamento alla Terra ove si svolge l’attività. Importante è la storia di donna Lydia; senza fare tanti racconti, in carcere all’ergastolo per omicidio, dopo 10 anni è stata graziata dalla Regina per aver studiato un punto così difficile e bello, che le ha meritato la libertà; e si chiama, monco a farlo apposta, Punto Teulada. Sono particolari anche le immagini tramandate dai dipinti, che confermano l’influenza spagnola, in quanto gli uomini, sempre col cappello, anziché gli abituali copricapo dell’Isola, portano una specie di Sombrero.

   La musica, lenta, ripetitiva ed intensa, deriva dal latino Gaudium filtrata dal castigliano. Le sacre funzioni s’infilano dappertutto, per paura di perdere l’autorità, ma sono sempre state  restrittive ed hanno sempre schiacciato movimenti Illuminati. Questi canti sacri, ballati a ritmo di litanie, venivano chiamati gozo, probabilmente dalla radice gocius. Questa musica tradizionale ha trovato spunto  in rielaborazioni moderne, che rispettano ritmi e suoni, ma hanno una dinamica moderna, interpretata dai Tazenda, Maria Carta, Parodi ed altri interpreti.

   Per l’ultima testimonianza, saliamo in Friuli Venezia Giulia con Roberto Gallenda, che ha presentato il repertorio Balfulk; genere tipico della zona, fino a poco fa trasmesso oralmente, ora che è arrivato Internet è cambiato tutto: forse troppo. Il genere presenta un’evoluzione naturale: partendo dalla musica si arriva al canto, ed è conseguenziale il Ballo. Vengono anche proposte canzoni dialettali, come il Firlinglò, che vengono suonate in modo caratteristico, con le nacchere, o altri strumenti arcaici; proprio con questi strumenti si suona l’ Antico Aneora, parte della tradizione molto rara, espresse in posti che se la sono scampata per la difficoltà d’essere raggiunti dalle Forze Repressive. Chiesa compresa. Bellissime e molto intime le composizioni nella Valli Occitane, con radice nell’Occitano in Italia orientale, ma si è espansa anche in Francia e Spagna. Bellissime le Danze Montane, che osservano una tecnica poco frequente; si tratta di 4 caratteri diversi, espressi in modo vario, ma sempre quelli, che vengono ripetuti disordinatamente: anche in questo si può trovare un significato profondo.

   A conclusione della serata (ormai la sera scendeva su Terni, altrove non so), Roberto ha suonato alla fisarmonica diversi motivi di balli caratteristici friulani, molto belli e, questi, dal ritmo sostenuto.

Nella foto: folklore calabrese

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