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“UNCUT GEMS” / “DIAMANTI GREZZI” DI JOSH E BENNY SAFDIE

di Marino Demata (RiveGauche)

AG.RF 23.06.2020 – Una delle cose più interessanti che si possono ascrivere al merito di Josh e Benny Safdie, i fratelli registi di Uncut gems, è la incredibile trasformazione dell’attore comico Adam Sandler in un sensibile e ben strutturato attore drammatico. A talo punto che ora ci sarebbe anche un po’ di imbarazzo ad usare l’aggettivo “comico”,  trovando invece preferibile parlare di “attore” tout cour.
Sono in verità presenti, davanti alla nostra mente, una lunga sequela di film, interpretati da Sandler, dalla comicità sgangherata, un po’ noiosa e poco brillante. Siamo felici che il cinema abbia trovato, grazie ai due registi e allo sceneggiatore Ronald Bronstein, e soprattutto grazie alla tenacia e all’applicazione di Sandler stesso, un nuovo grande attore, nel ruolo di Howard Ratner, un gioielliere ebreo, che ha la sua base nel quartiere dei gioiellieri a New York. Per la verità, e giusto per dare a Cesare quel che è di Cesare, qualche segnale di cambio di passo da parte di Sandler si era avuto già col film di Baumbach The Meyerowitz stories. Ma, per usare una metafora legata al titolo del film di cui stiamo parlando, lì si trattava ancora di “uncut gems”, cioè di diamanti grezzi, incastrati all’interno di una pietra nera, qui invece, nel film dei fratelli Safdie, il diamante è finalmente venuto interamente alla luce: con una recitazione nella quale Adam Sandler sembra perennemente morso da una tarantola, mai un attimo fermo, sempre in perpetua agitazione, sia che veda alla TV una partita di Basket che volge positivamente per lui, che ha scommesso sopra un mucchio di quattrini, sia che discuta animatamente con i suoi creditori che non vogliono più aspettare e lo minacciano.  Il ritmo è sempre quello: non smette mai di agitarsi e di parlare. È nell’indole del suo personaggio, che è un agitato per natura, ma forse anche perché sa bene che, così facendo, riesce a volte a frastornare i suoi interlocutori, prendendosi in tal modo un piccolo vantaggio su di loro. C’è da aggiungere che Sandler conserva, in ogni caso, una vis umoristica che si innesta nella trama drammatica, creando un felice contrasto dialettico, capace di mantenere il film lontano da una impostazione monocorde.
Nella sua vita sbandata e troppo spesso alla mercé di chi vorrebbe soldi da lui, capitano degli eventi imprevisti che potrebbero offrire l’occasione per qualche cambiamento in positivo. È il caso dell’opale incastrato in una piccola parte di roccia nera, scavato in una miniera Etiopica da due minatori sottopagati, e arrivato di contrabbando nelle sue mani. Howard gli dà immediatamente una valutazione stratosferica, non corrispondente alla realtà, ed aspetta con ansia che il suo prezioso oggetto vada all’asta di lì a pochi giorni. Nel frattempo, con la sua mente vulcanica immagina che sia il caso di trovare subito qualche buon estimatore della gemma, e la impresta per qualche giorno al campione di basket Kevin Garnett (che interpreta se stesso), che dopo un partita particolarmente fortunata, ritiene che la pietra abbia un grande potere propiziatorio. In tal modo Howard ritiene di aver trovato un possibile compratore per la vendita all’asta.

Gran parte del film passa attraverso le vicende dell’opale incastonato grezzamente all’interno della pietra e alle speranze di Howard che sia la vera chiave per cambiare la sua vita. E pertanto, fino a che lo spettatore non saprà, verso la fine del film,  se effettivamente la vendita dell’opale modificherà la vita del nostro gioielliere  ebreo, assisterà ad alcune frenetiche giornate di attesa dell’ora X . E sono giornate – e nottate – piene di eventi e di sorprese.  Sì, perché Howard ha una famiglia, con una moglie, Dinah (Idina Menzel), che ormai lo detesta, una  figlia che a stento lo saluta, e un figlio, un po’ balbuziente, nella camera da letto del quale Howard si ritira per vedere una delle partite di basket sulla quale ha scommesso., visto che la TV in salone è utilizzata dalla moglie. Un’occasione buona di temporanea ricomposizione della famiglia sarebbe la recita annuale della scuola nella quale la figlia ha un ruolo importante, ma Howard, nel bel mezzo della recita, deve alzarsi dal suo posto per incontrare alcuni suoi creditori che non vogliono più aspettare.
D’altra parte tutta la famiglia sa bene che Howard ha una focosa amante (Julia Fox) che lo tiene occupato tutte le notti nel suo appartamentino affittato non lontano dalla gioielleria. I duetti amorosi tra Howard e Julia sono un’altra “gemma” del film, al pari delle diatribe in famiglia, dove moglie e figli, con sguardi di complicità, mostrano di sapere benissimo come e dove si svolgono le serate e le notti di Howard.
Va anche affermato che le frenetiche giornate e nottate del nostro eroe sono rese tali anche per la bravura di tutta la crew che lavora attorno al film, che merita qualche menzione. Ci riferiamo alla macchina da presa e alla fotografia dell’iraniano Darius Khondji che riesce a seguire e ad assecondare i movimenti dell’iper-frenetico Howard con indubbia maestria, e la colonna sonora elettronica che accompagna le giornate del protagonista in maniera appropriata grazie all’estro creativo, originale e talvolta aggressivo di Daniel Lopatin, presente nel cast col pseudonimo di Oneohtrix Point Never.
Il film è stato proiettato in poche sale tra Los Angeles e New York, prima che Netflix facesse valere la sua esclusiva nella distribuzione. Fa parte di quella schiera di film in esclusiva che non ti fanno rimpiangere il prezzo dell’abbonamento.

 

Fonte: https://rivegauche-filmecritica.com/

 

(photos courtesy of imdb.com)

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