Coppa di Africa dal 13 gennaio
header photo

ingrandisci il testo rimpicciolisci il testo testo normale feed RSS Feed

UNA DOLCE VITA? DAL LIBERTY AL DESIGN ITALIANO. 1900-1940 al Palazzo delle Esposizioni

 

1

di Sabrina Sciabica (AG. RF. 23.10.2015)

(riverflash) –  Lo Stile Liberty prende il nome dai magazzini londinesi che vendevano oggetti appartenenti a questo gusto estetico: Sir Arthur Lasenby Liberty fu un mercante britannico che nel suo emporio, il Liberty & Co., commerciava tessuti, ornamenti eclettici e oggetti d’arte. L’azienda ebbe molto successo, tanto che aprì numerose sedi e partecipò all’Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa Moderna di Torino nel 1902; da allora divenne sinonimo in Italia del nuovo movimento estetico conosciuto come Liberty o Arte floreale.

Contemporaneamente, tra la fine dell’ Ottocento e il primo ventennio del ‘900, si sviluppavano in Europa movimenti artistici con numerose affinità: il Modern Style in  Gran Bretagna, l’ Art Nouveau in Francia, lo Jugendstile in Germania, la Secessione Viennese in Austria – capeggiata da Klimt.

La nuova corrente coinvolgeva prima di tutto le arti figurative e l’architettura e, inoltre, una serie di opere che non riguardavano esclusivamente la pittura ma coinvolgevano le cosiddette arti “minori” quali l’arredamento, l’oggettistica e la nascente pubblicità.  Essa si caratterizzava, dunque, per la  versatilità e il cosmopolitismo; concetto base era il primato della bellezza su ogni elemento e aspetto della realtà sociale.

In Italia lo Stile Liberty ha in sé due spinte fondamentali: se da un lato fu un ritorno alle linee classiche e una riscoperta delle nostre origini artistiche, dall’altro lato si sviluppò come desiderio di modernità e volontà di confrontarsi con il resto d’Europa.

Il passaggio tra le arti figurative classiche e i numerosi ambiti che caratterizzeranno l’arte moderna e contemporanea – tra cui il design – è ben esposto nella retrospettiva dal titolo Una dolce vita? Dal Liberty al design italiano. 1900-1940 al Palazzo delle Esposizioni, visitabile fino al 17 gennaio 2016.

Il titolo felliniano si riferisce alle meraviglie raggruppate qui in ordine cronologico, a partire dal colore oro della delicata pittura di Previati. Proprio riguardo alla volontà di mantenere le nostre antiche radici, come non riconoscere Botticelli nella sua aggraziata Danza delle ore (dipinto del 1899)?

Accanto, è esposta La Sirena di Sartorio (1893), opera chiave del simbolismo italiano, e rimaniamo ammirati dalla bellezza dei corpi, in un periodo in cui l’essere umano è al centro dell’arte e temi diffusi sono l’edonismo e l’estetismo.

Si prosegue con deliziosi mobili decorati con intarsi, rivestimenti e pitture (ad esempio un raffinato Secrétaire a due ante in mogano del celebre architetto Ernesto Basile e dell’arredatore Ducrot)  e ancora eleganti sedie e soggiorni.

Peculiarità dell’Art Nouveau è la linea fluida, fluttuante, che rappresenta il movimento. E ancora la sensualità, la gentilezza del tratto, il buon gusto. Tali qualità si notano nella rappresentazione della natura, florida e splendente, fonte di ispirazione per l’artista – ad esempio nei numerosi oggetti qui esposti esposti e decorati con motivi floreali, ondulati viticci, uccelli variopinti (le ceramiche di Giò Ponti realizzate per Richard Ginori, i vasi con pavoni e melagrane di Galileo Chini, e altre porcellane e maioliche).

2

Icona della mostra è una tela di grandi dimensioni creata per un hotel di lusso dal veneziano Vittorio Zecchin, Le mille e una notte, in cui è evidente il richiamo alla Secessione. Nella sua vetreria di famiglia, l’artista diede vita ad una serie di sperimentazioni unendo al vetro altri materiali, come ad esempio il ferro.

Ebanisti, ceramisti, decoratori, maestri vetrai e artigiani sono i protagonisti di questi decenni.

E in queste creazioni si riscontra un’eccezionale gioia di vivere; si guardi tutto il verde della divertente sala da pranzo in legno di Giacomo Balla, utilizzata realmente nella sua casa-atelier.

L’entusiasmo, la creatività, l’ironia furono elementi fondamentali del periodo storico che fu denominato Belle Époque, proprio per il senso di ottimismo e fiducia verso il progresso. In particolare in Italia si cercava, già dai tempi dell’unificazione, un linguaggio artistico nazionale per esprimere la speranza di un futuro migliore, più libero e meno angusto, contro ogni conservatorismo. A tal proposito, nella sala dedicata al Futurismo incontriamo opere di rottura dai colori antinaturalistici, manifesti pubblicitari, come il Pupazzo Campari di Depero e panciotti dai colori sgargianti.

Si arriva, per chiudere, alla Metafisica, con i celeberrimi Giorgio De Chirico e Alberto Savinio (pseudonimo del fratello Andrea De Chirico).  Qui il classicismo è riletto in una nuova interessante chiave e dall’enigmatica coesistenza di elementi antichi e moderni nasce una sensuale malinconia. Atmosfere da sogno si scontrano con oggetti della quotidianità e figure senza volto – come I genitori dalle teste di animale sproporzionate (Savinio) o i più famosi Archeologi (De Chirico) qui esposti – suscitano una riflessione sulla condizione esistenziale dell’umanità. 3

Il percorso, organizzato dall’Azienda Speciale Palaexpo in collaborazione con il Musée d’Orsay di Parigi, comprende oltre 100 opere e rappresenta, oltre che uno sguardo completo sul Novecento, uno studio su movimenti culturali fondamentali per la nostra nazione. Essi influenzarono profondamente la sensibilità dell’Italia contemporanea e da queste basi nacquero il Design moderno nonché il cosiddetto e tanto apprezzato “Stile italiano”.

 

Nessun Commento »

Puoi lasciare una risposta, oppure fare un trackback dal tuo sito.


Vuoi essere il primo a lasciare un commento per questo articolo? Utilizza il modulo sotto..

Lascia un commento


Heads up! You are attempting to upload an invalid image. If saved, this image will not display with your comment.

*