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«THE PLATFORM» di Galder Gatzelu-Urrutia: esistono 3 tipi di persone: quelli che stanno sopra, quelli che stanno sotto e quelli che cadono

di Marino Demata (RiveGauche)

AG.RF 10.05.2020 – L’esordiente regista spagnolo Galder Gaztelu-Urrutia è riuscito a confezionare, con The Platform, un film che attinge a vari generi, quello fantascientifico, l’horror, il dramma claustrofobico. E con questo mix ha creato un film estremamente interessante.
Il “claustrofobico” del film è naturalmente l’ambientazione, collocata in una prigione del tutto particolare, dove esiste una cella per ogni piano e in ogni cella sono recluse due persone, anche di sesso diverso.
The_Platform_posterNon si sa di preciso quante celle e quindi quanti piani ci siano in questa strana prigione: i protagonisti del film pensano ad un numero superiore ai 200. Ma di sicuro ci sono alcune particolarità uniche che non troveresti in nessuna altra prigione al mondo. La prima è che le coppie di prigionieri, dopo un periodo di alcune settimane, cambiano cella e piano. In tal modo possono ritrovarsi più n alto rispetto al piano precedentemente occupato, o più in basso. Il cibo arriva una sola volta al giorno distribuito su una larga piattaforma che scende dall’alto, resta per pochissimi minuti su un piano, per poi scendere a quello inferiore. L’importanza di stare su uno dei piani superiori consiste nell’avere la possibilità di mettere le mani sul cibo migliore e più abbondante. Mangi quello che riesci a mangiare. Non ci sono limiti. Questo, atrocemente, significa che più scendi di piano, meno cibo trovi, o lo trovi comunque manomesso, insozzato, in pessime condizioni, reso così dalla ingordigia e dalla volontà di arraffare il più possibile da parte degli ospiti dei piani superiori, che magari hanno già vissuto l’esperienza dei piani bassi (e potrebbero riviverla dopo qualche settimana) e non vogliono lasciarsi sfuggire l’occasione di rifarsi e ingozzarsi fino all’inverosimile.

Si capisce che, con questo meccanismo, non c’è cibo per tutti e chi sta ai piani inferiori rischia di morire di fame o di dover mangiare il proprio compagno di cella, come spesso accade.
Il personaggio principale del film, Goreng, interpretato da Ivan Massagué, che si è fatto le ossa in numerose serie TV dei più svariati generi e che ha interpretato ruoli da protagonista con grande efficacia anche in film precedenti a questo, offre una performance veramente straordinaria per incisività e per capacità comunicativa attraverso il suo sguardo penetrante e la sua voce sempre interrogativa: è il perno attorno quale ruota l’intera vicenda. Lo spettatore infatti conosce proprio attraverso di lui, il meccanismo che sopra è stato descritto. I suoi occhi che scrutano quell’inferno nel quale è capitato, sono anche gli occhi dello spettatore, che, in più, può ascoltare anche le spiegazioni che gli offre il compagno di piano. Gli Autori del film, il regista e lo scrittore della storia e sceneggiatore David Desola, hanno creato veramente un personaggio indimenticabile, conferendogli dei connotati del tutto particolari. Il pubblico infatti comprende che si tratta di un personaggio che si staglia al di sopra della massa di ospiti della prigione, ciascuno dei quali ha il consenso di portare un qualsiasi oggetto con sé; e allora Goreng, che ha scelto volontariamente un periodo di soggiorno lì e the-platformche avrà una sorta di laurea al suo rilascio, ha pensato bene di portare un libro da leggere, Don Chisciotte de la Mancha, mentre il suo compagno di cella, che è lì per aver commesso un reato grave, ha portato con sé un coltello auto affilante.
E’ abbastanza trasparente la metafora sociale che The Platform vuole proporci. Le persone che, sia pure temporaneamente, sono collocate ai piani più bassi, soffriranno la fame per l’ingordigia di chi sta ai piani alti e che non si preoccupa affatto se il cibo sarà sufficiente per tutti. In realtà la piattaforma che scende da un piano all’altro, conterrebbe un pasto sufficiente fino ai piani più bassi, ma a metà percorso già il cibo è finito. Proprio come nella società, sembra suggerire l’Autore, dove i poveri della terra, glia abitanti del terzo e del quarto mondo, soffrono la fame perché la stragrande maggioranza delle risorse si trova concentrata degli Stati più ricchi e, al loro interno, nelle mani delle persone più ricche: anche sul nostro pianeta le risorse sarebbero sufficienti per tutti, se fossero più equamente suddivise. Dunque, la disuguaglianza è del tutto inerente al sistema nel quale viviamo, proprio come nella prigione a vari piani, dove il pasto che, teoricamente, sarebbe sufficiente per tutti, non lo è per l’egoismo e l’accaparramento di chi si trova, sia pure temporaneamente, in alto. Ed è veramente singolare che quelli che arrivano ai piani superiori da quelli inferiori, anziché avere l’idea di prendere meno cibo per lasciarne un po’ a quelli che si trovano nella triste situazione nella quale fino a ieri si trovavano loro, ne prendono ancora di più, quasi a voler compensare con nuove ingordigie il periodo di fame precedente.
Goreng è di diverso avviso: assieme alla nuova compagna di cella, arrivati in uno dei piani superiori, vorrebbe convincere chi sta immediatamente sotto a comportarsi come lui e a creare un sistema di solidarietà sociale automatica, una sorta di rivoluzione che parta dall’alto, ma si rende ben presto conto che la sua idea non incontra il favore di nessuno, ma al contrario, ricava solo invettive e maledizioni.
Lo svolgimento del film contiene vari colpi di scena che non descriviamo per non togliere allo spettatore il gusto di scoprirli da sé. Diciamo solamente che la violenza dilaga soprattutto nella seconda parte del film, il cui clima claustrofobico è così ben riuscito, da stare bene al raffronto con altri film del genere, come l’ornai famoso The Cube.
Il film è stato acquistato, con molta lungimiranza, da Netflix ed è oggi uno dei punti di forza del suo variegato catalogo.

 

Fonte: https://rivegauche-filmecritica.com/

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