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Sono trascorsi 200 anni, ma l’Infinito di Leopardi sta sempre là

di Francesco Angellotti (AG.RF 18.10.2019)

(riverflash) – Aveva 20 anni Giacomo Leopardi quando scrisse la poesia “L’Infinito”; non si giudichi l’intellettuale molto giovane, perché aveva raggiunto una maturità enorme, che già gli permetteva di conoscere correttamente 9 lingue (moderne ed antiche), essere tecnico di astronomia (il suo primo libro), letteratura, poesie, filosofia, illuminismo della scia romantica e altre specialità umanistiche. Si stima che sia morto giovane, anche se in 39 anni è riuscito ad elaborare un messaggio importante, che non è sempre afferrato nel suo valore.

   Per non far scorrere la ricorrenza senza neanche notarlo, la Banca del Tempo ha voluto organizzare un pomeriggio di studio, introducendo il valore di un incontro nell’Infinito.

   La brava professoressa Franca Giffoni Mosca ha parlato del Poeta dal suo esordio nello studio, quando aveva 7 anni, fino alla sua fine, nel luglio del 1837: avendo da poco compiuto 39 anni. E’ stato letto lo spunto della serata, L’Infinito, che si contraddistingue per il suo andamento ritmico che dilata il verso, entrando ogni periodo nel successivo, secondo la tecnica dell’ enjambement. Bisogna considerare che Leopardi si è mantenuto nel classico nelle composizioni, avendo come punto di riferimento Petrarca; che ha trasmesso l’impostazione stilistica fino a Foscolo.

   L’Infinito fa parte della raccolta degli Idilli, ed è composta da 15 endecasillabi sciolti, in cui si racchiude tutta la disillusione verso le chimere ideate nell’astratto. Ed è per questo che viene inserita nella 1° fase del “pessimismo leopardiano”.

   Ma fermiamoci un attimo a considerare la sua lottata vita. Di nobile famiglia decadente ma non decaduta, è nato dal marchese Leonardo, suo padre, che lo ha generato con la contessa Adelaide Antici: nobile imparentata con la famiglia romana Mattei, ma tirchia ed estremamente bigotta. Ma la vista spaziale che Giacomo aveva dalla sua stanza, osservando sotto la piazza di Recanati e l’immenso orizzonte sulle campagne, ha formato nel giovane uno spirito illuminista, che ha sviluppato il suo radicato ateismo. Dell’enorme biblioteca di casa, Leopardi ha fatto la sua ragione di vita, applicandosi sua sponte allo studio, oltrepassando l’impegno ecclesiastico verso il quale voleva instradarlo il padre. A 23 anni, trovandosi nella piccola e limitata Recanati, si è sentito costretto come in un guscio d’uovo; allora ha provato a viaggiare ov’era la Cultura, ed è andato a Roma presso un parente. Ma è rimasto così disgustato dall’ingordigia e la depravazione dei governanti Papalini, che è tornato a Recanati. Ma chiuso nel paesello, ove ha fatto esperienze bellissime ed essenziali, la sua cultura non trovava sbocchi. Allora ha molto viaggiato in Italia, passando lunghi periodi a Bologna, Firenze,  Pisa (forse il più bello), ed infine Napoli, ove conobbe il grande amico Antonio Ranieri, più giovane di 8 anni,  affascinante tanto da distinguersi in società, patriota che in età senile fu eletto in Parlamento. L’amicizia tra i due compagni fu strettissima ed essenziale, anche perché Giacomo fu molto aiutato anche durante le sue malattie alla schiena ed alla vista. E’ un dato essenziale considerare che Leopardi nacque con gravi handicap fisici; era piccolo e gobbo, e certo stare chinato sui libri non aiutò il recupero. Però questa sua condizione d’inferiorità fu determinante nella sua poesia; perché guardava la gioventù allegra, e ammonendo di considerare che il trascorrer del Tempo avrebbe reso questi momenti passeggeri, si costernava lui di non poter vivere neanche la momentanea allegria della gioventù, perché lui, piccolo e storto, non  ammaliava le donne che affascinava, perché non lo consideravano Uomo ma solo intellettuale. E di qui il suo monito ad aver presente che il Tempo tutto fa passare.

   Ecco che è nata la qualifica di Leopardi come Pessimista, dividendo in fasi quest’atteggiamento presunto.

   E’ diventata ormai un dato inamovibile, quello di considerare Leopardi un esponente di questa tendenza. Chiedo scusa, allora, se mi permetto di dire che (secondo me) Leopardi non è da considerare Pessimista Esistenzialista, mi sembra di poterlo inquadrare come Realista dell’Umanità.

   Ma Leopardi trasmette i concetti che i giovani diventano vecchi, che a loro volta muoiono; la vita è un passaggio, tutto è mutevole e non c’è stabilità.

   Si, ma dire che questo è una fede pessimista, vuol dire campare illudendosi, ad occhi chiusi. Tutti sappiamo che la Vita non può essere immutevole, il trascorrere dei momenti è un dato insito nell’Emisfero; il concetto del Tempo è Universale, tanto che anche entrando nei Buchi Neri, forse, esiste il concetto del Tempo: come del Peso e Spazio, anche se con diversi valori. Quindi, perché ritenere pessimista chi ci ricorda Valori Assoluti, che mai cambieranno e mai potranno essere mutati? Leopardi (dico io) non è Pessimista, ma pienamente Realista; non illude i lettori che “la Vita è bella e Santo è l’avvenir”; ma fa presente della vecchierella mentre ricorda che “soleva danzar la sera intra di quei ch’ebbe compagni dell’età più bella”.

   E di qui un’altro parere che mi mette in discordia con l’interpretazione comune dei fatti.

   Vien raccontato che l’ultimo amico di Giacomo, Antonio Ranieri, che avrebbe potuto trasmettere sul grande letterato papiri d’elogio ricchi di contenuti, si è limitato a scrivere un libretto ricco d’argomenti futili, in cui si rende esplicito quanto a Giacomo piacessero i gelati. Ma in questo non vengono considerati quelli che possono essere i legami d’amicizia. Ricordiamo che Leopardi non si considerava affatto un Grande; amava frequentare il Popolo ed aveva scambi anche tra la Plebe, di cui riconosceva un intrinseco valore. Oltre al fatto che rifiutò la carica che gli fu proposta di professore universitario a Bonn; ma questo sopratutto per questioni di salute. Per cui, immaginando i discorsi intimi tra amici, possiamo ipotizzare che Giacomo avesse chiesto ad Antonio di non scrivere sui suoi studi e la sua letteratura quando lui fosse morto: pura immaginazione. Allora, Ranieri, per rispettare quanto desiderato dall’amico, non è entrato nei particolari di studio, ma si è divertito a deridere tutti coloro che in Vita non lo avevano considerato per quel che valeva, incentrando gli argomenti sui gelati ed altri particolari non proprio istruttivi. Rapportandoci al personaggio, potrebbe essere una (riuscita) presa in giro. Anche se gli Storici Letterari non vogliono raccogliere lo sfottò.

   Il problema è quello che un personaggio, piccolo e storto come Leopardi, non si riesce a contenere in enormi volumi; perché dovrebbero essere affrontati troppi argomenti in modo specifico, oltre alle considerazioni sulla sua vita e le sue scelte: data  la lunghezza degli argomenti riguardo la sua personalità tanto grande, quanto era piccoletto lui.

   Quindi non staremo a raccontar ancora di un uomo che è morto quasi giovane, ma che ha irradiato un Valore grande come

              “L’Infinito”

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