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SANGEMINI CLASSIC 2019 – un piccolo Festival di Vera Arte – Dall’America al Medio Oriente

di Francesco Angellotti (AG.RF 04.07.2019)

(riverflash) – Tutti in attesa di poter partecipare anche quest’anno al Sangemini Festival, del quale la conduttrice Virna Liurni ampliava lo spirito creativo promettendo inserimenti culturali straordinari.

   Da parte dell’Organizzatore, è facile inneggiare allo spettacolo proposto, cercando di attirare pubblico ben disposto; ma da parte di Virna una presentazione del genere non viene lanciata se non è realistica, perché la sua Ricerca e la sua Proposta s’espande nella Creatività, per far afferrare il Senso che troppo spesso scappa.

   Virna crede che l’Utopia sia un’immagine lontana dalla realizzazione; ma quando sento questa affermazione, porgo l’esempio di Pitagora che fu incaricato dal tiranno di Siracusa di fabbricare una nave di lusso, per le gite della casa reale; quando Pitagora presentò la Nave che si era inventato, la presentò: “signori, l’Utopia!” Da questo aneddoto deduco che l’Utopia non è “Irrealizzabile”, ma è “il Massimo”; anche perchè i temi che portano avanti lo svolgimento del Festival sono concreti e reali; per quanto bisogna avere la spinta di volerli percepire: la Spiritualità, l’Armonia, l’Elevazione verso tutte le particolarità ch’elevano il Sentimento; interpretato in tutte le sue misure.

   Capirete che allora, iniziando la XX edizione, non potevamo mancare; ma già all’inizio si è dovuto ascoltare un cambiamento di programma. Era previsto l’esordio della serata con l’esibizione di Claudio Dina:  un etnomusicologo che avrebbe dovuto interpretare strumenti sofisticati, facendo ascoltare la sua Musica. Purtroppo inconvenienti improvvisi hanno impedito la sua presenza.

   Ma il contenuto popolare delle terre americane, che ricordiamo all’inizio dello scorso secolo contava circa il 52% d’immigrati, schiavi compresi, è stato portato da un trio che ha fatto partecipare le diverse emozioni attraverso cui trovava sfogo l’umanità, che filtrava diverse emozioni. Il gruppo che s’è esibito era il BUFFALO STREINGERS, in cui Bernardo Nardini suonava la chitarra string, Giovanni Caiati il Banjo e Roberta Ruggero cantava, volando da toni intimi a strilli affermativi, con una bella voce che esprimeva il pathos di quelle genti

   Certo, le presentazioni ed i ringraziamenti ufficiali sonno stati molti; perché Virna è riuscita ad organizzare anche quest’anno l’evento, accogliendo l’apporto di molti sponsor, che inquadrano l’importanza della manifestazione; che non è solo bella per la cultura che presenta, ma è una Bandiera che sventola l’urgenza di un cambiamento sostanziale, per arrivare ad afferrare Valori presenti, anche se non apparenti. Purtroppo dell’ Apparenza siamo troppo vittime. Basti dire che, tra i tanti intervenuti, ha fatto la sua presenza il sindaco di Sangemini Grimani, che ha confermato l’importanza della memoria, per edificare il presente.

    Ritornando al trio Buffalo Streingers, i testi cantati sono stati molto diversi e trascinanti, ed hanno portato la testimonianza di una realtà, che non è lontana da tante altre che hanno radici completamente diverse, ma condividono le problematiche e la forza popolare.

   E’ sembrata quasi una conseguenza ascoltare Virna Liurni che ha svolto diverse armonie al piano. Bisogna ammettere che non era un concerto; non venivano esposte tematiche che proponevano e si confrontavano; era una dolce melodia, una poesia messa in musica che si articolava nello spazio all’aperto del Museo Calori. Virna cantava i suoni che proponeva, ma il testo ognuno poteva interpretarlo come sentiva; erano armonie vocali quelli che accompagnavano la musica, e si potevano interpretare come l’animo sentiva più opportuno, seguendo la via della spiritualità del Suono.

   Soave, languido, sentimentale, ma sarebbe giusto ci fosse anche la morbidezza nella musica che si esprime nelle personalità, le quali dovrebbero ascoltare prima se stessi, per poi immergersi nelle varie realtà.

   Due grandi percussionisti sono apparsi, ed hanno accompagnato tutta la serata; straordinario che non è stato solo un discorso d’impostazione del ritmo, ma sono stati articolati da Ashraf Said e Jacopo Mohamed suoni dolci ed armonici, che in troppi pochi “a solo” hanno mostrato quanto fosse completa la musica battuta.

   Ed ora chi arriva? Una donna bellissima, con lo sguardo d’intesa, che si destreggia in danze arabe; quelle che si voglion credere siano solo al servizio dei sultani che vogliono imporre la seduzione; mentre Maryem Bent Anis ha mostrato quanto fossero dolci ed artistiche,  svolgendo i passi che rendono chiunque affascinate; e Maryem ha fatto un discorso bellissimo, cercando di coinvolgere tutto il pubblico, facendolo partecipare alla sua danza ammaliante. Ecco che d’improvviso appare un ragazzo bellissimo, con un corpo che evidenzia i suoi muscoli, molto alto ma proporzionato regolarmente. D’improvviso s’ode un suono, ed a questo suono Giulio Dilemmi reagisce con movimenti indotti. Lo stile è molto particolare, perchè Giulio ha studiato tante tecniche e si è inserito in molte correnti; alla fine lo stile che si può abbia aderito è il  Tribal Fusion, ma viene espresso in modo assolutamente personale; anche perchè, con un corpo perfetto come quello di Giulio, non si può dir niente di meglio di quanto sia capace d’esprimere il fisico; non solo con passi di Danza ed articolazione di tecniche di scuola; ma sono i muscoli che si muovono, è il corpo ad esprimere gli atteggiamenti da cui si trae il significato. Ed è stato bellissimo, perchè Giulio ha esposto la sua storia, le problematiche, le speranze con le difficoltà, l’apoteosi, la gloria, lo struggimento ed alfine la Morte.

   Ma allora, tutto il discorso che si svolge nella Vita, finisce con la Morte? Se  così fosse, che senso avrebbe? Appena morto Giulio Dilemmi, entra Maryem che danza, trascinante nel rappresentare la primavera; dalla tensione prodotta dai contorcimenti del corpo di Giulio, viene prodotta la Bellezza e la Dinamica di una sfolgorante Primavera: proposta da Maryem in modo dolcissimo, tanto da non ammettere repliche. Quindi, ci vien da capire, la Vita è un passaggio anche difficile, in cui è importante ragionare, sentire ed elevate lo Spirito per afferrare il Sentimento; e quando si compie il suo ciclo, la Morte non è, e non deve essere, sinonimo di Fine; perché è solo un naturale trapasso. Questa è la ricerca del senso che ha una Esistenza, da cui si possono assorbire tutte le dinamiche e le valutazioni, dando loro un senso sviluppandole e portandole Oltre. E Maryem ha assunto il senso dell’Oltre; con quegli occhi, aleggiando con quella danza, questa parte è tutta sua.

   E’ una storia che finisce Bene? No, è una storia che indica la via che dovremo intraprendere (con 1 m sola, non al condizionale ma tempo futuro); per dare spazio all’Anima, per seguire il filo che trova il suo senso nel Sentimento. Perché se “fatti non fummo per viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”, allora volgiamo le nostre persone verso la Conoscenza; che non è materiale, perché per essere qualcosa di solido dobbiamo elevare il nostro Spirito.

   E questo indipendentemente dal discorso delle Religioni, che troppo spesso abbrutiscono le personalità per raggiungere l’affermazione. Lo Spirito è dentro di Noi, e Noi lo dobbiamo percepire.

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