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Ricciardo e Zoraide di Rossini, opera drammatica ma dal finale radioso

di Francesco Angellotti (AG.RF 17.09.2020)

(riverflash) – Un’Opera complicata nella trama e travagliata nelle vicissitudini; solo 2 atti, ma continui “cambi di scena” con una durata articolata; il libretto di Francesco Berio di Salsa, che riprende la storia già raccontata nel “Ricciardetto” apparso nel 1783, racconta di una avventura trascorsa al tempo delle Crociate; potrete immaginare quanto contorta e ricca di sorprese.

    Ottima la regia di Marshall Rynkosky, che ha saputo rendere le immagini movimentate, pur dando spazio ai particolari in cui la dolcezza ed il sentimento prendevano posto con languore.

   Ottima la direzione di Giacomo Sagripanti, un esperto rossiniano, che non si lasciava andare all’entusiasmo, trascinato dall’euforia del movimento, ma ha saputo coordinare perfettamente l’Orchestra, con un impeto ed un’armonia precise al dettaglio.

   La rappresentazione andata in onda su Rai 5 è stata tenuta nel bellissimo Teatro di Pesaro nel 2018, ed è stata eccezionale come esecuzione, oltre ad una partecipazione nella scena veramente appassionante. Importanti gli interventi del Coro, che veniva dal Teatro Ventidio Basso con la direzione di Giovanni Farina; indovinatissima anche la scenografia colorita da un Corpo di Ballo che riempiva di significato le alterne vicende.

   L’Opera, per quanto trascinante ed appassionante, dopo esser stata rappresentata per la 1° volta a Napoli al Teatro San Carlo nel 1818, è scaduta nella frequenza delle rappresentazioni, per motivi che non rendono onore agli imprenditori. Infatti la musica è molto rifinita, e non è facile esprimerla correttamente raccontando una trama difficile da riportare, ricca di cambiamenti di tono improvvisi ma altisonanti.

   Va quindi elogiata tutta la troup di cantanti, che hanno retto  l’eloquenza musicale esprimendo una voce bellissima; saranno stati aiutati anche dallo spazio-audio che era ammantato in un Teatro accogliente e raccolto, ma i toni erano i  più adeguati che potevano essere cantati.

   Juan Diego Florez, nascostamente re Ricciardo e comunque prigioniero a Duncala, capitale della Nubia, ha avuto ruolo da protagonista, come giustamente poteva essere il ruolo del comandante delle Crociate; il vincitore Agorate è stato interpretato magnificamente dall’altro tenore Sergey Romanovsky, che s’infatua della bella e giovane prigioniera Zoraide, che la soprano Pretty Yende fa brillare nel controverso ruolo di amante del cavalier perdente, pur abbandonando il padre Ircano, che il basso Nicola Ulivieri riesce a presentare in modo chiaro e non contrastante, anche se la sua figura non è subito svelata nella dimensione che gli compete. Tanti altri i personaggi che contribuiscono allo svolgimento della scena: Zamira, Ernesto, Fatima, Elmira, Zamorre … tutti importantissimi in un ruolo che si intriga nella storia, in cui le spiate come le notizie acciuffate di nascosto complicano le vicende, che non han mai niente di chiaro. Eppure i protagonisti ascoltati sono sempre scanditi 2 o 3 alla volta: al massimo 4 ma per breve tempo.

   Importante, quindi, che l’Orchestra trasmettesse la foga e l’angoscia di una sequenza che non riusciva a trarre una razionalità dal contesto; ma sono dolcissime le pagine melodiche, quando gli amanti si appartano e si volgono l’espressione, condotti dal cuore.

   Ci vuol coraggio a tacciare di malignità la moglie di Zomire, che tende tranelli per non perdere il marito Agorane, che a sua volta vorrebbe sposare Zoraide, che è legata a Ricciardo. E’ un intreccio molto complicato, anche perché, ad orecchio attento, vengono scoperte sopraffazioni nell’espressione sentimentali,per cui adesso la ricerca dell’unione ha altra dimensione. Per esempio, nel 1° tempo, Agorate per dichiarare il suo amore verso Zoraide, ansimando vedendola ancora lontana, auspica di raggiungerla e, ripetutamente con impeto, esclama: “la possiederò !”.

   Eppure, adesso, verrebbe da affermare che se un uomo vuol possedere una donna, non la ama certamente; perché vuol ancora far valere la superiorità del suo fisico (atletico e robusto) onde “possedere” la donna, che, quindi non potrebbe accogliere il suo Amore, perché sottomessa. Per fortuna i rapporti son cambiati, ma ai primi dell”800 ancora si ragionava così.

   Finalmente abbiamo assistito ad un Dramma dalla felice conclusione. Dopo tanto Verdi, magistrale nella sua tragicità, una boccata d’ossigeno ci voleva. Certo, i pericoli si sono espressi con gravità, e la conclusione avrebbe potuto comportare la morte e l’angoscia dei protagonisti.

   Invece Ricciardo si unisce a Zoraide, che a sua volta si riconcilia amorosamente col padre Ircano; anche se meglio terminare qua il racconto, perché la Crociata si è conclusa in modo poco brillante: ma l’Amore è ciò che domina su tutto.

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