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LE PROVINCE ESISTONO ANCORA. LA CORTE DEI CONTI BOCCIA LA RIFORMA

provincedi Andrea Pranovi (AG.RF. 29.05.2015) (ore 23,18) (riverflash) – Nonostante l’approvazione della legge Delrio, che risale a più di un anno fa, non è ancora calato il sipario sulle polemiche riguardanti le tanto discusse province. La legge numero 56 del 7 aprile del 2014 (“Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni”) prevede la trasformazione delle province in “enti territoriali di area vasta”, il cui presidente non è più eletto direttamente dai cittadini, bensì dai sindaci e dai consiglieri dei comuni che fanno parte della provincia. Inoltre, la legge prevede che, a decorrere dalla data di insediamento dei nuovi organi, siano gratuiti gli incarichi di presidente della provincia, consigliere provinciale, componenete dell’assemblea dei sindaci, sindaco metropolitano, consigliere metropolitano e componente della conferenza metropolitana.

La Corte dei Conti, in seguito alle verifiche effettuate dalle Sezioni regionali di controllo, ha parlato di “profili critici sintomatici di un graduale, e pressoché diffuso, deterioramento della finanza provinciale, suscettibili di incidere negativamente sulla tenuta degli equilibri di bilancio”. Secondo la Corte, l’attuazione del riordino delle province “sta incontrando ritardi” e si sta verificando “un effetto distorsivo nella gestione finanziaria degli enti in esame”. La Corte ha spiegato che “una parte della spesa, soprattutto di quella per il personale, grava su una gestione che, non avrebbe invece dovuto considerarla nel proprio programma finanziario” e ha definito indispensabile “un riallineamento ed un costante coordinamento tra le fasi procedimentali di trasferimento delle funzioni e delle risorse”.

Alcuni organi di stampa, inoltre, hanno pubblicato alcune cifre sulle spese delle province, che sarebbero cresciute: quella per l’acquisto di servizi per le consultazioni elettorali sarebbe aumentata addirittura del 101,85%, quella per materiale divulgativo, parchi, gadget e prodotti tipici locali del 65%. In crescita del 31% le spese scolastiche e del 24% la spesa per il lavoro interinale, nonostante i ventimila esuberi tra i dipendenti delle province. Quello dei lavoratori in esubero da trasferire è proprio uno dei nodi principali legato alle province. Nei giorni scorsi il ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione Marianna Madia è stata molto chiara: “abbiamo un’apertura di credito nei confronti dei territori ma se non fanno bene il loro lavoro, in ultima istanza, sappiamo che abbiamo le risorse e gli strumenti per ricollocare noi, dallo Stato, le persone”.

Altro elemento fondamentale della legge Delrio sono le città metropolitane, che dal 1° gennaio 2015 hanno preso il posto delle province di Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari e Napoli (alle quali si aggiungerà anche quella di Reggio Calabria al termine del commissariamento). Nell’area metropolitana della Capitale nell’ottobre del 2014 si è votato per il Consiglio della Città metropolitana, mentre ad aprile Ignazio Marino, sindaco di Roma e di diritto anche del nuovo ente, ha nominato sette delegati per la Città metropolitana. Le deleghe sono state conferite a Mauro Alessandri (sicurezza e polizia metropolitana), Gemma Azuni (sviluppo sociale, immigrazione e integrazione, pari opportunità, politiche in materia di partecipazione, trasparenza e anticorruzione), Massimiliano Borrelli (risorse umane, formazione e politiche del lavoro), Michela Califano (pianificazione e gestione ecosostenibile dei sistemi ambientiali, di informatizzazione e digitalizzazione), Svetlana Celli (sviluppo della rete della mobilità metropolitana e viabilità, politiche giovanili e strutture sportive), Marco Palumbo (sviluppo economico, attività produttive, protezione civile e difesa del suolo) e Giovanni Paris (pianificazione strategica e territoriale e bilancio).

Il nuovo organismo territoriale non ha incontrato il favore di tutti. In diversi comuni, infatti, si è aperta una riflessione sull’opportunità di entrare a far parte della Città metropolitana. Il Comune di Manziana, a nord di Roma, ha indetto un referendum consultivo, che si è tenuto domenica 10 maggio, in cui è stato chiesto ai cittadini di esprimersi sul seguente quesito: “intendete voi fare parte dell’area metropolitana come costituita e disciplinata dalla legge 7 aprile 2014 n. 56?”. Alle urne si sono recanti soltanto 535, ossia l’8,9%, dei 5987 aventi diritto, senza il raggiungimento del quorum.

Bruno Bruni, sindaco di Manziana, ha ringraziato chi ha votato e ha dichiarato: “è un peccato che non sia stato raggiunto il quorum ma, come è ben noto, anche la non partecipazione al voto in questi casi rappresenta di per sé un’espressione di volontà”. Il primo cittadino ha inoltre spiegato che “in un momento così delicato per i Cittadini e per le casse comunali abbiamo cercato in tutti i modi di limitare i costi e contestualmente di dare voce ai Cittadini”. Il costo sostenuto dal Comune per lo svolgimento del referendum è stato pari a 1123 euro.

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