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«LA BOHÈME» di Giacomo Puccini alla Royal Opera House di Londra

di Francesco Angellotti (AG.RF 24.02.2020)

(riverflash) – L’impianto che si trova al centro di Terni, poco distante dal Comune e quasi parallelo all’Auditorium Gazzoli, il Cine-Teatro Cityplex, porge al pubblico programmi molto interessanti; alla scoperta di nuove tendenze, alla rivalutazione d’importanti rappresentazioni, che hanno lasciato un’immagine nella Storia dello  Spettacolo.

   A Londra, che è una città che recepisce molto gli impulsi culturali di tutti i generi, è stata rappresentata di recente la Boheme, di Giacomo Puccini. Non sono state aggiunte stranezze, nel testo e nella costumistica,  l’Opera è stata rappresentata come è stata scritta, in modo di trasmettere il suo Valore; anche perchè cambiamenti o adeguamenti ai giorni attuali avrebbero portato ad uno svilimento del contenuto, che sarebbe stato considerato malleabile e mutevole a seconda dell’Evoluzione.

   Mentre invece i Valori trasmessi dai personaggi non sono legati a circostanze ed ambienti, ma sono Assoluti sempre ed in ogni situazione.

   Però, indubbiamente, svolgendo un’Opera con testo italiano a Londra, lunga e particolare è stata l’esposizione svolta da una graziosa presentatrice; che non solo spiegava la trama, ma dava senso ai personaggi trovando il giusto spazio alle varie parti dell’Orchestra, che ha un ruolo molto importante.

   Va detto, a questo proposito, che Puccini è un autore che offre spartiti su cui i Musicisti possono correggere i loro errori durante lo svolgimento; cosa inammissibile in Verdi, per esempio, che non permetteva sbagli nell’esecuzione.

   Non staremo qui a raccontare la trama, che si svolge in 4 atti; è talmente nota che una sua ripetizione sarebbe solo noiosa . Quel che crediamo sia importante valutare, è l’impostazione che ha portato Giacomo a stendere questa musica, e le influenze che ha avvertito importanti, per svolgere le composizioni che lo hanno contraddistinto.

    Nato in una povera famiglia, ha perso il padre, che era esecutore musicale nelle chiese la domenica, a 5 anni. Fu instradato con i fratelli a scuola, ma era un ragazzino capriccioso ed un po’ monello;  non aveva voglia di studiare, ma prendeva tutti in giro al suon di musichette. La madre, che capì la sua tendenza, fece di tutto per instradarlo presso una scuola di musica; e ci riuscì all’ultimo disperato tentativo, presentandolo presso una casata nobiliare ove veniva concessa una Borsa di Studio (adesso si dice così) a povera gente che mostrava talento.

   La passione di Giacomo lo mise subito in evidenza, ma all’inizio dovette trovare spazio con composizioni più leggere. Ma nel suo animo pulsava la ricerca nella Cultura, pur inserita nel movimentato contesto in cui si dibatteva. Bell’Uomo com’era diventato assorbì le influenze alle quali lo portò la sua estrazione particolarmente umile, fu attratto dalla corrente del Verismo, che ebbe un’importanza determinante nell’intera cultura non solo in Italia.  Inoltre, formatosi a Milano presso i maestri  Antonio Bazzini e Amilcare Corelli, sentì forte l”influsso di Richard Wagner; non per l’espressioni musicali molto fastose, ma per la ricerca dei particolari espressivi. L’atteggiamento lo portò ad una amicizia con Leoncavallo, di cui riprese il testo dell’Opera “La Bohéme”, compiendo così un amichevole confronto, che nello scherzo elaborava il discorso musicale. E non vinse nessuno, perché sono 2 grandi.

   Il libretto è stato composto da Giuseppe Giacosa e Luigi Illica e comportò molto studio per una completa stesura musicale: dal marzo 1893 fu terminata a dicembre del 1895.

   La prima dell’ Opera ispirata al romanzo di Henri Murger fu data il 1° febbraio 1896, e non ebbe una grande approvazione da parte della critica: forse troppo legata al convenzionalismo impartito dalle leggi di mercato. Ma subito i giudizi si dovettero adeguare al gran successo che la rappresentazione ebbe nel pubblico, che si immedesimò in una storia sentimentale, che si svolgeva in una realtà che chiamava per assumere un ruolo sociale.

   In effetti i personaggi non sono tra i principali nell’impostazione sociale; pezzenti intellettuali, che vivevano d’espedienti per potersi abbandonare nell’Ideale: Mimì è una fioraia, Musette cerca introduzioni nel bel Mondo, Parpignol è pittore e l’artista che si innamora di Mimì è Alcindoro, il poeta (sono poeta – scrivo poesie – e come vivo? – vivo !)

   E’ tenerissima e contraddittoria la storia d’amore con Mimì (mi chiamano Mimì – ma il mio nome è Lucia), perchè la fioraia è tubercolosa e questo crea problemi.

   Ma la storia è troppo risaputa per continuare; direi però che la fine mi sembra bivalente: perchè la protagonista muore felice, per aver attorno tutto quel che una donna può desiderare per la sua realizzazione: il calore di un uomo che si porge a lei con tutto il cuore; ma chi rimane vive il dramma della sua malattia, perchè nella loro situazione disperata non possono far niente per salvare una bellezza che muore, non riuscendo neanche più a tossire.

   Allora facciamo un attimo d’analisi. Puccini non indica quel che è l’indirizzo che deve impostare ogni Uomo, ma pone il problema: la Vita è bella a se, per la sua presenza? O ha un valore solo se raggiunge uno scopo, e può essere armoniosa se in qualsiasi momento ha una fine nella  grazia e nell’Amore?

    La risposta a chi la vuol dare.

   Comunque la versione finale, che fu data a Brescia nel Teatro Grande, raccolse un successo strepitoso, ed il bambino capriccioso che era Puccini raggiunse un grandioso successo, che si seppe conservare fino al 1924; nonostante le sue divagazioni sentimentali alle quali voleva dare un senso “artistico”, col conforto di sua moglie e del figlio Antonio.

   La sua espressione musicale lo vuole tra i più grandi compositori di Opere Liriche, e la sua dialettica rappresenta un pilastro nella Musica Classica. Perchè la sua vita è stata lottata; orfano di padre dall’età di 5 anni, pur inserito nel mondo della musica che si suonava nelle chiese, ha saputo esprimere il Contenuto Personale come propulsore valido per riuscire nell’espressione di una nuova corrente che cercava Valori e non Successo; un’espressione artistica non può prescindere da contenuti e competenza profonda, ma può superare quelle che sono le regole schematiche della Società; se la personalità ha un Valore espressivo, che viene condotto nel modo più Illuminato.

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