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IL PD RIMUOVE MINEO DALLA COMMISSIONE AFFARI COSTITUZIONALI, LA SINISTRA SI INGINOCCHIA

mineo_pdAG.RF 12.06.2014
(riverflash) – Una maggioranza esigua, 15 voti contro 14 dell’opposizione, nella commissione Affari Costituzionali. Il rischio è una bocciatura dell’Italicum, la riforma elettorale, per cui il PD si è coperto le spalle cambiando uno dei suoi membri, Corradino Mineo, con il capogruppo al Senato Luigi Zanda. In attesa che il premier Renzi torni dalla Cina e trovi un accordo con Silvio Berlusconi per una maggioranza allargata. In questo momento Forza Italia non è il terzo partito italiano e l’Italicum lo penalizzerebbe, ma il Presidente del Consiglio può aiutare gli amici di Berlusconi, quali Galan, ma anche Dell’Utri e Scajola, in difficoltà con la giustizia.
D’altronde i numeri nel Parlamento italiano sono quelli che lo scorso anno hanno portato alla rielezione di Giorgio Napolitano, non c’è l’oltre 40% al PD delle elezioni europee. Corradino Mineo, ex-direttore di Rai News, aveva manifestato la propria simpatia per un Senato elettivo e questo ha provocato la sua sostituzione.
Mineo ha commentato la sua esautorazione: “Un errore, un autogol”. Prima che il PD prendesse la decisione di esautorarlo, l’ex-direttore di Rai News aveva dichiarato: “Il problema non sono io. Se invece di Mineo in Commissione ci fosse un clone cieco, muto e sordo che votasse qualsiasi cosa gli ordina il capobastone, con una militarizzazione dei voti, resterebbe comunque il problema di votare le riforme 15 a 14 e non con la larga maggioranza auspicata dallo stesso Renzi. C’è un momento di difficoltà per il governo in Commissione, ma con una apertura sull’elettività dei senatori si potrebbe sbloccare subito la situazione”.
In linea con il problema della maggioranza esigua Angela Finoccharo, ex-portavoce del PD al Senato: “La decisione spetta al gruppo PD: io mi permetto di osservare che in una commissione in cui c’è un solo voto di scarto tra maggioranza e opposizione, una critica così radicale non è solo un’espressione di libertà di coscienza, ma pone un’alternativa tra il fare e non fare le riforme”.
Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme e renziana della Leopolda, invece afferma: “C’è bisogno di compattezza, è un tema fondamentale”. Parole che, decifrate, sonano come una ghigliottina per Mineo ed evidenziano una spaccatura nel PD tra gli ex-comunisti e i demo-renziani.
Stefano Fassina, ex-vice ministro all’Economia ed esponente della sinistra PD, non è d’accordo con il provvedimento piovuto dall’alto: “Un segno di debolezza per chi intende evitare di fare le riforme a colpi di maggioranza. Chiediamo alla presidenza del gruppo Pd del Senato di rivedere la decisione presa”.

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