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IL CORONAVIRUS PRENDE IL POSTO DELLA PESTE DOPO QUASI 4 SECOLI

di Francesco Angellotti (AG.RF 01.04.2020)

(riverflash) – Nel capitolo XXXI e XXXII del celebre romanzo “I Promessi Sposi”, Alessandro Manzoni descrive la divulgazione della Peste a Milano, che durò per quasi 2 anni e dilagò in Piemonte, nel Veneto, in Emilia fino alla Toscana..

   Drammatico fu l’evento, che scoppiò nella parte settentrionale della Lombardia fino al Lago di Como e dilagando fino a Milano; per poi diramarsi in tutto il Centro Italia.,.

   Causa della pestilenza furono le invasioni dei Lanzichenecchi, condotti dal generale Albrecht von Wellestein, che devastarono saccheggiando le zone incontrate inoltrandosi dal Passo della Valtellina in direzione di Mantova, lasciando come ospite sgradito il morbo della Peste; che presentatosi già timidamente nel 1576, con l’invasione dell’autunno del 1629 trovò occasione di divampare nel 1630 e causò una moria immensa fino al 1631, incentivata nella permanenza anche dalle condizioni sanitarie ed igieniche della Popolazione, costretta a situazioni allucinanti.

   Importanti furono gli allarmi da parte delle Autorità Sanitarie di Milano, al cui vertice si trovava  Alessandro Tadino, che ebbe occasione di denunciare del grave rischio d’epidemia presso il governatore di Milano don Gonzalo de Cordoba; che fu sostituito forse per via della crisi divulgatasi da Ambrogio Spinola. Le preoccupazioni per l’ambiente sudicio e l’enorme sporcizia che comunemente si dovevano sopportare, mostravano l’esigenza di un risanamento di tutte le Città, che venivano colpite a raffica.

   Eppure i governatori si trovaron costretti a rispondere ai Responsabili delle Autorità Sanitarie che importanza maggiore bisognava attribuirla alla Guerra, che vedeva antagoniste Spagna e Francia. Per quanto riguardava le persone che si ammalavano, vennero allestiti i Lazzaretti, ove quando si avvertivano sintomi della malattia, si era buttati a morire in Santa Pace, pro Gratia et Amore Dei.

   Il fatto grave era anche quello che, quando si veniva colpiti dal morbo, la malattia era distinguibile dopo giorni di incubazione, quando sotto l’ascella appariva un evidente “Bubbone”. Quindi, una persona che trasmetteva, poteva circolare fino a che l’incubazione non esplodeva rendendosi evidente.

   Certo, si dava più importanza alle vicende della Guerra che alla Sanità di quattro scalzacani, che non entravano a far parte della Storia. Ma un male così sconosciuto ed invadente era difficile da evitare; ed in effetti, come ogni volta capita, si attribuisce ad eventi immaginari: come nel 1630 si cercavano gli Untori; adesso attribuiamo l’epidemia a funzioni politiche, come se fosse possibile bloccare l’espandersi della malattia con provvedimenti legislativi ed impostazioni politiche; intanto basta bendare il volto con una pezza di stoffa alla quale si attribuiscono poteri magici, nei confronti del un morbo che ha massa 0.

   Il problema ha assunto, nel 1631, la sua dimensione catastrofica, quando ad essere contagiati furono persone nobili. Voi ricorderete che Alessandro raccontò che morì di peste anche don Rodrigo; che impersonava l’agente maligno in tutta la delicata storia d’Amore tra Renzo e Lucia. La versione sulla sua morte è duplice: drammatica quella tramandata, più mistica secondo la trama del Romanzo; anche per far entrare Frà Cristoforo sotto forma divina. Comunque di peste è morto, e questo è indiscutibile.

   Certo ebbe un ruolo essenziale nello svolgimento della Storia anche l’Innominato, ma non è ora il momento di rifarci alla trama, pur appassionante, dei Promessi Sposi.

   Vorremmo, però, dopo quasi 4 secoli di storia, rapportarci ad una situazione avvenuta quando la scienza Medica era ad un altro livello, e mancava di molti servizi, che adesso son cosa comune.

   Oltre quanto illustrato molto succintamente, ricolleghiamoci un poco alle manifestazioni che avvennero ad ogni livello nel 1630, e osserviamo un po’ adesso, con tutto il bagaglio acquisito, quanto siano simili certi comportamenti superstiziosi, succubi dell’emotività; in quanto ragioniamo con reazioni inconsulte, che eludono la scienza, ma si affidano agli indotti che vogliamo credere reali: non perché ci sia una base per esserlo, ma perché è il caso di trovare qualcosa a cui aggrapparsi.

   Non per lottare contro il Virus, ma per avere una forma di comportamento da assumere, pur di lottare contro qualcosa.

   Cerchiamo, invece, di non andar “contro”, ma aiutiamo chi si trova in difficoltà, perché sarebbe la manifestazione risolutrice, attraverso la quale verrebbe assunta una forma di solidarietà, che ci potrà far combattere il Virus più uniti.

   Aspettando che i Professori e gli Studiosi trovino quel che serve a combattere la divulgazione dell’ epidemia. Per quanto riguarda il Vaccino, già hanno detto che ci vorranno troppi anni  per realizzarlo; ma basterebbe una cura; e non sono le Fantasie che possono aiutare, ma la solidarietà, indirizzando lo Spirito nella ricerca dell’ Amore.

 

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