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IL BARBIERE DI SIVIGLIA, Opera Buffa di Rossini, scelta per concludere il 2020

di Francesco Angellotti (AG.RF 02.01.2021)

(riverflash) – Siam stati felici della fine dell’anno 2020; anche se per il tempo a seguire sarà arduo cambiare la sorte intrapresa. Per un’occasione così attesa, il canale 5 della Rai ha presentato un’ Opera di Gioacchino Rossini; ma su IRIS sarebbero andati in onda 3 film a seguire di Stanley Kubrick, un autore-regista che ha ammonito sulle eventualità sociali, prima che si fossero adombrate. Il modo sillogico portato avanti da sottintesi e paradossi drammatici sarebbe stato importante se la Società ne avesse avuto cura, nella dimensione presentata, pochi decenni prima del loro avvento. Rivederli adesso mette in luce la genialità di un personaggio che ha interpretato i presupposti che avrebbero sconvolto le sorti del Mondo.

   Ma i film di Kubrick erano 3, l’ultimo dei quali, Arancia Meccanica, sarebbe iniziato verso le 4 di mattina: una nottata televisiva, dato che poco altro si sarebbe potuto fare. Allora poteva essere importante non trascurare la brillante Opera di Rossini, di cui il direttore Daniele Gatti ed il regista Mario Martone presentavano la garanzia di una rappresentazione riuscita: nella correttezza musicale e nel divertimento.

   La scelta è stata veramente azzeccata, perché il messaggio lanciato a tutti, tramite le note di una composizione umoristica, ha rappresentato l’ alternativa che dobbiamo intraprendere, onde cercare di non rimanere infognati nell’Oppressione che comporta i limiti necessari.

   La rappresentazione è stata rappresentata al teatro dell’ Opera a Roma, con la collaborazione del teatro Costanzi; il libretto è stato ripreso da una commedia omonima di Beaumarchais da Cesare Sterbini, mentre per questa edizione i costumi erano di Anna Biagiotti ed alle luci era Pasquale Mari.

   La prima fu data quando il maestro ancora era giovanissimo; infatti il pesarese Rossini aveva 25 anni quando il 20 febbraio 1816 si rappresentò l’Opera che, per rispetto a Paisiello che aveva già presentato un opera con titolo seguente, andò in scena col altro nome. Ma l’accortezza non servì ad ammansire un folto numero di spettatori appassionati alla musica dell’autore napoletano; così, alla prima, il risultato fu un vero fiasco, fischiato dal pubblico che sosteneva di aver assistito ad una “copia”. Ma già alla seconda rappresentazione il risultato fu brillante, raccogliendo gli applausi che scandirono un successo strabocchevole, che durò durante tutta l’edizione in programma.

   La storia è molto contorta, come tutte le vicende buffe, ed il sottofondo sentimentale è essenziale per colorare le vicende.

   Importante il Barbiere, che ha dato nome all’Opera anche se non subito; il ruolo sostenuto dal baritono Andrzej Filonczyk è  stato presentato in modo straordinario: non solo per il motivo che il baritono si è individuato polacco solo per il nome, in quanto intonava in italiano perfetto; ma la sua cadenza ed i cambiamenti di tono venivano modulati da una voce bellissima, comunicativa e perfetta nel personaggio. Quasi non si sentiva accento straniero, e bravissimo nel canto, è stato il protagonista Conte d’Almaviva, interpretato con voce tenorile di Ruzil Gatin; altro basso bravissimo è stato  Alex Esposito interprete di don Basilio, mentre, per interpretare don Bartolo in carrozzella, Alessandro Carletti è molto piaciuto nel modulare la voce da basso-baritono; la parte femminile era importantissima, e Vasilia Barchanskaya è stata veramente brava; si sarebbe potuta rilevare solo qualche accento straniero, in una eccezionale voce; ma era essenziale una Rosina articolata e partecipe, come la soprano è stata apprezzata. Altri personaggi essenziali han costituito un cast molto preparato, sorretto dal Coro del Teatro dell’ Opera di Roma, diretto da Roberto Gabbani.

La brillante avventura è stata raccontata con spirito, ma perfezionismo, dall’Orchestra coordinata da Daniele Gatti; che ha ribadito quanto sia importante rispettare il regolamento delle mascherine per essere corretti: ma l’effetto non si può riferire ad una pezza che dovrebbe frenare il percorso di un Virus che non ha freni materiali; il problema sarebbe solo quello del suo moto, dato che il Covid ne è assolutamente privo; importante sarebbe non intercettare spostamenti aerei di eventuali portatori, come soffi, espulsioni aeree, saliva.  Ma avevano tutti fatti il tampone, quindi …

   Quindi la musica è stata trasmessa con impeto e delicatezza, a seconda della mobilità d’accenti ritmici – dinamici.

   Si sono adeguati alla spiritosaggine del testo anche le battute occasionali; per esempio, quando a don Basilio, affetto da scarlattina sulla sedia a rotelle, cantano “siete giallo come un morto”; così il maestro Gatti corre a misurare la temperatura. Come alla fine è simbolico il taglio della corda che invadeva la scena, onde dar senso si liberazione dagli ostacoli opprimenti che rendono succubi di situazioni imprevedibili.

   Quel che è stato molto importante, è il messaggio della messa in scena, ed il contenuto che si è trasmesso. Pubblico ovviamente non ce n’era; ma questo ha comportato un appello, per ribadire la sua essenzialità. Il Teatro era vuoto, quindi la scena si è allargata anche sulla platea, in quanto l’Opera si esprime in Teatro, quindi tutto il Teatro deve avere la sua importanza. Gli interpreti non possono rivolgersi al vuoto. Ogni parte dell’interno ha la sua funzione, quindi la parte cantata si espande in tutti i posti liberi; calcolando, tra l’altro, che non sono stati aggiunti elementi di contorno, per sfavillare e render ricco l’ambiente; scene e costumi assolutamente essenziali: molto belli e di classe, ma niente di accessorio, perché come abbiamo affermato altre volte, non bisogna ammirare la scena che sovrasta il contenuto musicale, a cui bisogna dar giusto spazio incentrando l’attenzione.

Questa scelta, che riteniamo parte della genialità di Mario Martone, si è espressa anche nei costumi; infatti, nel preambolo, onde far verificare che la trama scherzosa non è limitata ai primi dell’ ‘800 ma certe testimonianze non hanno tempo, la ripresa mostrava una moto guidata dal direttore Gatti con alle spalle un protagonista, ambedue col casco, che giravano la Roma intima, fino ad arrivare al Teatro dell’Opera: via 4 Fontane, prima di Santa Maria Maggiore, direzione Tevere partendo dalla vicina Termini. Arrivati a Teatro, il maestro è rimasto col suo smoking che aveva, e gli interpreti  hanno indossato i costumi di scena: esattamente fine ‘800. Perché non si può legare certe composizioni a questioni di tempo; è inutile ribadire che se applaudite 2 secoli fa, sono ancora belle oggi, rendendo alla costumistica un significato attuale; ciò metterebbe in discussione le Composizioni domani. Invece le Opere che valgono sono senza tempo; fatte come son state fatte, così son da rappresentare, perché non seguono riferimenti temporali. Quindi, han preparato un’ Opera di Gioacchino Rossini e per prepararla hanno traversato Roma sentimentale, e non turistica, in moto; arrivati, si è riunito tutto il cast, per una rappresentazione come è stata concepita: espressa nel modo che si adegua alla situazione attuale.

   Raccogliamo gli Auguri di tutta la Compagnia, del direttore Daniele Gatti che si è saputo associare alla genialità di Mario Martone, che senza fare pagliacciate fuori posto, ha trovato modo e maniera di inserire il suo messaggio, svolgendo un’ Opera Buffa nel contesto attuale; che effettivamente di buffo ne ha proprio niente.

      Grazie e cerchiamo d’ impegnarci con serietà in modo dettagliato; perché tutti vorremmo superare la situazione, per cui bisognerà esser più saggi.

                                            Auguri

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