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HELP, L’ETA’ DELLA PLASTICA, A MOZIA

Installazione Help sull'isola di Moziadi Sabrina Sciabica (AG. RF. 25.09.2016)

(riverflash) – Un grido d’allarme, un segnale visibile anche dall’alto, un messaggio che vorrebbe raggiungere l’intera umanità e metterla in guardia sulle conseguenze nefaste di certe azioni umane. Questa è l’installazione dell’artista toscana Maria Cristina Finucci, architetto e designer.

Il progetto comincia tre anni fa, quando l’artista decide di creare un vero e proprio “stato dei rifiuti”, il Garbage Patch State – Wasteland, riconosciuto dall’UNESCO nel 2013, con tanto di costituzione e persino ambasciate nei luoghi dove l’artista ha esposto: l’Unesco a Parigi, la Biennale di Venezia, il MAXXI di Roma, per citarne alcuni. In questi luoghi, ogni opera è composta da rifiuti raccolti dall’artista e il sottotitolo Wasteland, che richiama il poema di T.S. Eliot, è significativo: anch’egli alludeva metaforicamente ad una terra desolata e desertificata, sia dalla guerra che dall’incuria umana, e profetizzava che “Così finisce il mondo, Così finisce il mondo, Non in un baccano ma in un piagnisteo!”

È, dunque, chiaro l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica su quanta plastica sia in circolazione e sul rischio che tali rifiuti vadano smaltiti male e finiscano a inquinare, occupare fisicamente e rovinare, gli oceani e altri luoghi della terra.

Per la sua nuova installazione, la Finucci ha scelto appositamente una location particolare. Si tratta di un isolotto di fronte Marsala (TP) conosciuto come la culla della civiltà fenicia che, nei primi secoli avanti Cristo, qui fondò Mozia. Dunque, accanto a reperti antichissimi, vicino al museo della Fondazione Whitaker, dove si ammira la statua di un vigoroso “giovinetto”, si assisterà al contrasto con quest’opera della land art contemporanea, in modo che essa acquisisca un significato ancora più profondo.

Nello specifico, si tratta di 5 milioni di pezzi di plastica di tutti i colori, ingabbiati in grosse forme rettangolari che formano la parola Help, di dimensioni così grandi che sarà visibile interamente dall’alto, idealmente da tutti i viaggiatori che atterrano in Sicilia.

È, dunque, un’opera site specific, ovvero progettata appositamente proprio su quei 1500 mq dell’Isola di San Pantaleo, nella laguna dello Stagnone, a Marsala.  Essa sarà visibile fino all’8 gennaio, creando un particolare effetto visivo soprattutto la sera, quando s’illumina di colori accesi nell’isola appena illuminata (ricordiamo che Mozia è attualmente sede di studi archeologici e raggiungibile soltanto via mare, ma l’area non è accessibile la notte).

La problematica ambientale è qui ben rappresentata e l’installazione, come l’arte deve fare, pone numerosi interrogativi.

Se i nostri archeologi hanno trovato su quella piccola perla del mediterraneo i resti di una civiltà antica, sviluppata e operosa, cosa troveranno gli archeologi del futuro? Tra centinaia di anni, cosa ricorderanno di noi i nostri eredi? …sempre se esisterà ancora un mondo e non lo sommergeremo del tutto con materiali inquinanti e invasivi!

 

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