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HELMUT NEWTON….ANCORA E PER SEMPRE. fino al 21 luglio “White Women-Sleeplees Nights-Big Nudes”

 

(riverflash) – Chi, come il sottoscritto, ha una vera passione per il “Linguaggio Visivo“, avrà la possibilità di ricevere, proprio come il sottoscritto, un vero e proprio “regalo“. Già perchè fino al 21 luglio 2013, presso il Palazzo delle Esposizioni, si ha il vantaggio di osservare una mostra favolosa! Quella di HELMUT NEWTON (Berlino, 21 ottobre 1920 – Los Angeles, 23 gennaio 2004) e più precisamente delle fotografie da lui stesso selezionate e pubblicate nei suoi primi tre libri “White Women”; “Sleeplees Nights”; “Big Nudes”. Una mostra che è un capolavoro! Scusate l’entusiasmo, ma per chi, come noi, ha studiato di Fotografia, ritiene Helmut Newton un “MAESTRO” del bianco e nero, come se il colore non si accordasse con le sue scelte stilistiche.                                                                                  

Perché le sue fotografie più interessanti, partono da una inquadratura originale. Il nudo è sempre inserito in un’ambientazione, che priva della modella, avrebbe comunque una sua forza stilistica! La scelta predominante di inserire delle linee forti, degli oggetti quali televisori, sedie, tende, finestre (con annesse vedute), eccetera, in delle ambientazioni barocche, crea una confusione eccezionale, a cui solo il bianco e nero è capace di restituire armonia. Come dice Berengo Gardin “Il colore distrae”.

Nelle immagini di questa mostra, è il fotografo stesso che definisce com’è e qual è la storia che vuole raccontare al suo pubblico. Infatti, l’occhio di Newton ha la capacità di scandagliare una realtà che, dietro alla suprema eleganza delle immagini, consente di intravedere un’ambiguità di fondo di cui erotismo e morte non sono che due aspetti della stessa ricerca di verità che si estende al di là di ogni convenzione. Nel selezionare le fotografie per i libri di cui lui stesso è l’editore, Newton mette in sequenza, l’uno accanto all’altro, gli scatti realizzati per altre committenze con gli scatti realizzati liberamente per se stesso, costruendo una storia in cui la ricerca dello stile, la scoperta del gesto elegante sottendono l’esistenza di una realtà ulteriore, di una vicenda che sta allo spettatore stesso di interpretare.        
Molte di queste immagini sono particolarmente significative da questo punto di vista, come il ritratto di Andy Warhol colto nella stessa posizione di una statua della Madonna fotografata in una chiesa toscana, Nastassia Kinsky che abbraccia una bambola dalle sembianze di Marlene Dietrich, o la fotografia della donna al cimitero del Père Lachaise di Parigi, o ancora, la sequenza delle donne imprigionate da protesi che, rimediando a un danno fisico non sono tanto dissimili, in verità, dal make-up che rimedia a una mancanza estetica.

 Esattamente una tale visione crea una distribuzione alternativa degli spazi, la modella a volte non è il punto centrale, ha sopra la sua testa anche un metro di “vuoto”, riempito dall’ossessione per i lampadari, per le linee dei palazzi, per il soffitto e gli specchi. Ecco ciò che vorremmo dire effettivamente: Helmut Newton disintegra la canonica visione proporzionale, per lasciare cadere il soffitto, le architetture, i lampadari, gli spettri, il cielo. La donna di Newton è maledettamente terrena, umana, zoppa, ingessata, fumatrice, forte, spavalda, sicura, piegata a culo di fuori solo per esternare la sua emancipazione, non c’è alcuna divinità da raggiungere, poiché ella, la donna, è lì, si dona nella sua carnale bellezza, e induce l’uomo a impallidire, a prostrarsi sconfitto».                                                    

E’ vero, nella categoria “Grandi Nudi” si possono ammirare, quasi al microscopio, curve di gran belle donne, delle enormi distese di pelle femminile, quasi fossero tappeti di giaguaro. Ma, se vogliamo, la forza di Helmut Newton non è quella di scavare frà le curve con la luce:” non ci abbiamo l’onere di ammirare una donna angelica e di desiderarla in eterno poiché irraggiungibile“, ma quella di rendere l’amore tangibile, effettivo, una forza d’urto reale!

Figlio di genitori entrambi ebrei, cresciuto nella buona borghesia berlinese degli anni venti-trenta, frequenta il Werner von Trotschke Gymnasium e la Scuola Americana a Berlino. Interessato alla fotografia fin da piccolo, lavora con la fotografa tedesca Else Simon, conosciuta come Yva. A seguito delle leggi razziali lascia la Germania nel 1938 imbarcandosi aTrieste sul piroscafo “Il Conte Rosso” rifugiandosi a Singapore e lavorando come fotografo per il Straits Times. Prende servizio nell’esercito australiano durante la seconda guerra mondiale, dal 1940 al 1945.

Il 13 maggio 1948 sposa l’attrice australiana June Browne nota come fotografa con lo pseudonimo di “Alice Springs” (dal nome dell’omonima città australiana). Dopo la guerra lavora come fotografo freelance producendo scatti di moda e lavorando con riviste come Playboy. Dalla fine degli anni cinquanta in poi si concentra sulla fotografia di moda.                                 

I suoi scatti appaiono su varie riviste tra cui i magazine di moda VogueL’Uomo VogueHarper’s BazaarElle , GQVanity FairMax e Marie Claire. Il suo particolare stile è caratterizzato dall’erotismo patinato, a volte con tratti sado-masochistici e feticistici.

Crea inoltre molti ritratti e altri studi fotografici e incomincia a lavorare per ChanelGianni VersaceBlumarineYves Saint LaurentBorbonese e Dolce & Gabbana. Nel 1984 insieme a Peter Max realizza il video dei Missing Persons Surrender your Heart

Nell’ottobre 2003 dona una collezione di foto alla fondazione Preußischer Kulturbesitz a Berlino. È attualmente esposta al Museo della Fotografia (Museum für Fotografie) vicino alla Bahnhof Zoologischer Garten, la stazione ferroviaria dello zoo di Berlino.

In seguito vive a Monte Carlo e Los Angeles. Muore in un incidente stradale a Hollywood quando la sua macchina si schianta su un muro del famoso Chateau Marmont, l’hotel sulSunset Boulevard che era stato per anni la sua residenza quando abitava nella California del Sud. Le sue spoglie sono state poste a Berlino nel cimitero ebraico di Friedenau, la sua tomba è collocata a qualche metro da quella di Marlene Dietrich.

Insomma Helmut Newton è e sarà, ancora e per sempre, il simbolo, l’icona, un dogma della fotografia in bianco e nero, per chi (come il sottoscritto) si avvicina a questa magnifica “Arte”.

 

lobo (AG-RF) – 22.03.2013

 

 

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