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GERSHWINIANA: al teatro Secci di Terni omaggio a George Gershwin

di Francesco Angellotti (AG.RF 29.05.2018)

(riverflash) – L’impostazione che si è evidenziata nel secolo ‘900, ha la caratteristica classica della cultura americana; a tutti i livelli e coinvolgendo qualsiasi categoria. Nella musica classica il trascinatore delle caratteristiche artistiche dei compositori è stato George Gershwin, nuovo cardine dell’impostazione musicale, di tipico stampo USA.

   L’autore è nato proprio alla fine dell’800, a settembre del 1898 a Brooklyn, ed ha assorbito, per riproporla, tutto il bagaglio dell’esplosione culturale del ‘900, che ha filtrato il suo messaggio anche oltre la sua uscita di scena causa decesso, avvenuto dopo una vita intensa e causato da un tumore al cervello.

   La novità impostata, che ha avuto tale influenza nello svolgimento del genere musicale, è stato quello condizionato dal fatto che Gershwin ha seguito poco le lezioni di musica, svolte più o meno a livello dilettantistico, ed ha seguito sopratutto il suo istinto innato, che lo ha portato dalla tastiera alla composizione.

   I suoi riferimenti erano pilastri  come Claude Debussy, Maurice Ravel, Scott Joplin, Igor Stravinsky, Arnold Schönberg … come potrete notare non tutti della stessa corrente. Ed infatti la caratteristica è quella che è riuscito a coniugare la musica Classica col Jazz, con altre influenze di musica popolare. Infatti nelle sue composizioni è forte l’influenza del Blues, che ha portato addirittura a fare musica a canzoni, incise su disco.

   Ecco come è stato svolto il discorso del progresso portato avanti dall’America, secondo il filo musicale. Molto poco inquadrato, infatti Gershwin terminò la scuola a  15 anni, seguendo quello che sfocia dall’impulso personale, non impostandosi su un genere ed una caratteristica ma apprendendo da tutte le fonti da cui si avverte un messaggio.

   Alcuni amanti della sua musica non vogliono trascurare il fatto che il tumore ha portato via Gershwin nel 1936 a Hollywood, ed il suo idolo Maurice Ravel arriva alla stessa sorte esattamente 5 mesi dopo, esattamente per la stessa causa.

   Essenziale nella formazione musicale la trasferta di studio che lo ha fatto volare fino a Parigi, dove ha voluto approfondire sull’accostamento della musica Classica con il Jazz e la Popular Music. Ed ecco che escono i suoi grandi successi, dopo “Un Accordo in Fa” eseguito a Parigi: “Un Americano a Parigi”, “Rhapsody in Blue”, e commissionato dal Metropolitan New York, “Porgy and Bess”, di cui avendo avuto l’ordinazione nel 1930, termina la composizione dopo 5 anni.

   Importante anche il viaggio che fece alle Antille nel 1932, che lo porto a scrivere “Avana Overture Cubana”, entrando nel mondo della musica caratteristica dell’Isola.

   La sera dedicata alla sua rievocazione, inquadrata nel genere musicale impostato dall’Autore, è stata scelta come esecutrice la “Orchestra Roma Sinfonietta”; ricca degli strumenti per una musica così moderna, aveva la giusta espressione, a seconda delle variazioni ritmiche; coordinate benissimo dal direttore Gabriele Bonolis, che ha svolto anche un’interessante presentazione sul programma, offerto agli ascoltatori.

   Al pianoforte Giuseppe Albanese è stato all’altezza riproponendo un’esecuzione molto personale, caratteristica essenziale per entrare nello spirito dell’Autore; la sua bravura si è mostrata nella delicatezza e nella dolcezza dell’ispirazione, che forniva il presupposto per lanciarsi in Tempi svelti, sveltissimi, con brio  e comunque appassionanti e trascinanti, che portavano l’euforia e l’emotività ad infervorare l’animo di tutti i presenti, che pullulavano nel Teatro Secci stracolmo.

   Cosa poteva essere fatto ascoltare, per ricordare un autore così determinante nello svolgimento dei generi, che non si è limitato alla Classica ma si è arricchito di Jazz, Blues, Musica Popolare, Cubana, arrivando alle Canzoni, lanciando una nuova impostazione della musica statunitense?

   Certo i Brani più famosi, che tutti avevano almeno orecchiato. Ma vorremmo far notare che abbiamo colto una netta differenza: tra la musica svolta con Orchestra, e quella fatta ascoltare da Giuseppe Albanese come solista.

   Quella “tutti insieme” era molto coinvolgente e s’avvertiva molto l’entusiasmo dell’influenza popolare; i generi si introducevano nel motivo senza chiedere permesso ed è stata veramente un’esecuzione esaltante.

   Le esecuzioni di Giuseppe Albanese da solista, erano certo sul tono “svelto-allegro”; ma più che infocate, mi son sembrate ricercate nell’articolazione dei generi; l’esecutore è stato bravissimo nei passaggi e nella morbidezza, facendo brillare un’acutissima modulazione musicale. I preludi suonati sono stati veramente bellissimi, e si capisce come le sue prime incisioni sono state retaggio della Deutsche Grammophon, in cui sono stati presentati autori difficilissimi nell’esecuzione come Beethoven, Schubert e Schumann.

   Ma questa sera è stata data luce alla corrente che ha impostato la musica made in USA nel ‘900: whats America.

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