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Al CAOS la chitarra di Elio Portarena e gli archi del Quartetto Adorno

di Francesco Angellotti (AG.RF 12.02.2020)

(riverflash) – La retorica delle persone che avviano la loro età ad assommare tanti anni trascorsi tra alterne vicende, spinge a formulare la frase ormai entrata nella tradizione: “He, ai miei tempi ! Adesso i giovani non sono più come una volta”. E devo dire che tra questi laudatores temporsi acti mi ci metto anch’io, che spesso mi deprimo nell’osservare come le manifestazioni degli assembramenti giovanili non abbiano più lo spirito che avemmo noi ai tempi in cui cambiammo il Mondo; e devo fermarmi qua, perchè se continuo devo ammettere che la mia generazione, e quella anche prima, è stata soggiogata; perché i nostri Grandi Ideali son stati tutti strumentalizzati.e quindi han perso di valore.

   Però quel che appare evidente è che, constatando una nuova forma di protesta giovanile, non si ostenta più un’impostazione diversa nei ruoli e nei valori, in quanto l’esperienza passata ha subito tante e troppe strade traverse, per cui è finito malissimo: nella violenza e nella clandestinità, quando non uniformata. Adesso, invece, i Giovani si riuniscono, constatando che gli organi che conducono la Storia ci stanno portando verso la Fine; non pretendendo di cambiare la situazione, contestano gli Organi di Governo, esortandoli a cambiar struttura. Perché, essendo stati eletti come coordinatori dello Sviluppo, sono loro a dover mutar registro. Che bravi bambini!

   Noi volevamo cambiare il Sistema, e siamo stati soggiogati. Adesso, invece, si cerca di far capire che chi è al Vertice, deve imporre cambiamenti per salvare il Sistema.  Così alle nuove, e giuste, richieste, coloro che hanno in mano la situazione molto facile+mente accondiscendono alle istanze che vengono lanciate, anche con perentorietà: i Giovani hanno Ragione, quindi l’impegno sarà di adeguare le Strutture ad un funzionamento più Naturale. Tutti son contenti, e con 4 chiacchiere chi dispone continua a disporre.

   Questi sono i giovani, che adesso son coscienti che devono prepararsi per prendere in mano le sorti della Terra? Che potran loro a guidare quando saranno “Grandi”?

   Dobbiamo avere fiducia, perché c’è una Gioventù che veramente s’impone per creare Nuove Situazioni, in cui il discorso viene espresso con creatività e spinta verso il progresso. Non si tratta di esponenti che fan valere la loro emotività, che forse è stato il nostro errore; ma si preparano con valori importanti, per riproporli  all’Umanità.

   Non circoscritti in posizioni politiche o religiose, che tendono ognuna verso il proprio interesse e sempre qualcuno deve essere condannato, per la Vittoria di chi vuole la Ragione Invece il modo per trasmettere Valori è l’unico ad essere Collettivo ed Universale: perché si esprime con l’Arte, e l’ideale di questa impostazione è nella Musica.

   Apprezzabile, quindi, che la Filarmonica Umbra, che è composta da chi giovane lo era fino a qualche anno fa, abbia organizzato un concerto presso l’auditorium il CAOS, in cui si sono espressi solo i giovani; in 2 riprese, ma è stato evidente che nella gioventù si è creato e si è sviluppato un valore che esalta, non scendendo nelle diatribe occasionali.

   Elia Portarena ha presentato 2 composizioni ispirate al carnevale di Venezia; di Francisco Tarrega delle Variazioni, di Marco Aurelio Zani delle Fantasie.

   Lo strumento suonato da Elia era la chitarra: quello più usato da tutti i pischelli che vanno sul prato a fare “ammoina”. Niente a che vedere con quel con gli accordi di questo solista, che ha fatto ascoltare una musica brillante (ovviamente, riferendosi al Carnevale), destreggiandosi con una tecnica incredibile. Certi passaggi e certe raffinatezze han dato veramente un senso esaltante all’animo, che si sentiva elettrizzato dalle ricercatezze musicali; che con naturalezza, oltrepassando l’impossibile, spaziavano indefinite..

   Dopo lunga introduzione, solo poche righe per elogiare il suono portato da Elia Portarena: ma la sua interpretazione è stata di tal livello, che ogni descrizione svilirebbe.

   In un ambiente elevato fino all’estasi, è entrato subito il Quartetto Adorno. Formato solo da giovani, di cui ci risparmieremo di elencare i successi nazionali ed internazionali; ci limiteremo solo a elencare i loro nomi, e cercate di ricordarli perché diventeranno famosi: Edoardo Zosi (violino), Liù Pellicciari (violino), Benedetta Bucci (viola), Danilo Squitieri (violoncello). Hanno iniziato con quel che io ritengo il non plus ultra; anche se devo confessare di persone musicalmente preparate che non esaltano l’autore al mio livello; insisto nell’affermare che non percepiscono le finezze che vengono espresse impetuosamente; forse è  un problema che io mi sento invaso d’ammirazione per affinità di sensibilità, e quindi i sentimenti espressi col cuore da Beethoven (1770 Bonn – 1827 Vienna) sono essenzialmente intimi. Del grande Ludwig i ragazzi hanno fatto ascoltare il “Quartetto per archi in Fa min. – Serioso” . E’ un brano caratteristico, che viene considerato come la fine di un secondo periodo dell’autore, composto nel 1810. Pensate a quanto coinvolgente possono essere stati i 5 tempi del brano: tutte modulazioni dall’allegro, ed un contenuto serioso; perché è stato trasmesso che l’allegria non è frivolezza, ma risultato di importanti contenuti brillanti.

   Ma una nota che prevenisse il primi del ‘900 è stato bello presentarla, sopratutto perché il “Quartetto per archi in sol min.” che si è ascoltato è stato composto da Claude Debussy (1862 Saint Germain en Laye – 1918 Parigi).  Il composto vide la luce nel 1893, e fu uno dei primi testi che misero in luce Debussy come autore; raggiunse un Gran Successo, anche se la Critica, non osando disprezzarlo, non capiva l’audacia dell’insieme. Già lo sviluppo tematico appariva anticonvenzionale, ma evidenti sono le innovazioni armoniche proposte da una sensibilità ritmica; inoltre sono evidenti spunti esotici, che Debussy amava tanto, ma che nella Società in cui si presentava risultavano provocatori. Tutto il composto è una ricerca ed un ritorno su quanto già espresso; però i cambiamenti sono essenziali per ampliare il discorso: che da un tema ha infiniti paragrafi. Non vorremmo fare affermazioni improprie o anche solo esagerate, ma ci sembra che gli studi possano rappresentare il preambolo della ricerca che svolsero i Compositori subito susseguenti la sua innovazione.

   L’ovazione ha reclamato il bis; certo il Quartetto Adorno si era preparato a questa eventualità (eviteremo di raccontare la storia del grande musicista Adorno; chiedo scusa ma capirete: sono stato anche troppo lungo). Così è stato fatto ascoltare un brano di Robert Schumann (8 – 6 – 1810 Zwickau – 29 – 7 – 1856 Endenich).   Una bellissima composizione intrisa del più sublime romanticismo, di cui Schumann era studioso in tante forme artistiche, e di cui espresse una ricerca che oltrepassava i limiti. In questo ebbe un certo contrasto con Brahms, che era più legato ai canoni conformi di un Romanticismo più conformista. Questa ricerca il compositore la estremizzò, e la portò, attraverso studi e sforzi intellettuali, a far oltrepassare alla sua mente i confini del Razionale, ed alcune tendenze s’impadronirono di lui che alla fine della sua (breve) vita non trovava più inserimento nei canoni dell’Umanità. Così gli apparve logico uscire da questo contesto e tentò il suicidio. Per la verità in modo poco adeguato, perché cercò di morire per annegamento. Ma fu tirato a riva dal fiume ove aveva cercato l’ annegamento, pur trascurando 3 figli e la moglie; che gli stette vicina fino alla fine, per altri 2 anni dal suo tentativo d’evasione; donandogli le cure e l’amore che solo un’anima può riuscire a donare, e che solo un’altra anima può ricevere.

   Comunemente si afferma che Robert Schumann sia morto “pazzo”; mi sembra semplicistico, perché ha seguito il suo studio intellettuale, ed ha varcato i limiti del Presente, introducendosi con la ricerca musicale in un’esaltazione senza sbocchi.

   Il Quartetto ha trasmesso, se pur con un brano che è apparso breve, tutto l’agone tradotto nell’ansia di Ricerca, che ha portato Robert fino all’esaltazione.

   Finalmente, per concludere, diremmo che è molto più produttivo seguire la proposta musicale offerta dai giovani Elia, Edoardo, Liù, Benedetta e Danilo, piuttosto che destreggiarsi nelle teorie faziose, in cui chi vince non può tener conto di chi perde: e lo scontro è micidiale.

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