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Xavier Dolan in «ELEPHANT SONG», diretto da Charles Binamè

elephant-song-film-posterdi Marino Demata (RiveGauche)

AG.RF 21.07.2017 – Non poteva mancare, nella programmazione organizzata da Rive Gauche-ArteCinema per Estate Fiorentina, nella spettacolare cornice del Chiostro del Museo Novecento, una serata interamente dedicata a Xavier Dolan, dopo che lo scorso anno addirittura sono stati offerti al pubblico tre delle sue opere di regia più importanti.

Per quest’anno la scelta è caduta su Xavier Dolan attore, in un ruolo nel quale ha potuto mettere in mostra doti di grande versatilità e di intensa drammaticità. Il film prescelto, presentato domenica 16 luglio, è l’inedito Elephant song, diretto da Charles Binamè nel 2014, un regista molto noto per essersi specializzato in numerose serie televisive drammatiche e in rare incursioni nel grande schermo tutte molto dignitose. Per questo film, interamente prodotto e girato in Canada, ha voluto due grandi interpreti, Xavier Dolan nei panni di Michael Aleen, un giovane disturbato mentale ospite di una clinica psichiatrica, e l’altro attore canadese Bruce Greenwood, che interpreta il Dr, Toby Green. Greenwod è un attore molto versatile, capace di passare attraverso i ruoli più differenti, ma tendenzialmente utilizzato in ruoli negativi, nei panni del “cattivo” di turno.elephant-2
Elephant song ruota attorno alla dialettica tra questi due grandi attori, Dolan e Greenwood, nei panni rispettivamente del paziente e del medico. Quest’ultimo era stato incaricato dal Direttore della clinica di indagare sulla improvvisa scomparsa di un altro psichiatra, il Dr. Lawrence. L’unica possibile pista da seguire consiste nell’ “intervistare” il giovane paziente Michael Aleen, che è stato l’ultimo ad avere contatti con lo scomparso.
E, sebbene avvertito dalla capo-infermiera Peterson (Catherine Keener) sulle insidie che potrebbero scaturire da un colloquio con l’infido e furbo paziente, il Dr. Green intende andare avanti. Il giovane Michael capisce benissimo di avere il coltello dalla parte del manico e che il caso gli ha regalato una occasione unica e irripetibile per imporre le proprie condizioni in cambio della verità sulla scomparsa del Dr. Lawrence. Inizia quindi un sottile gioco di gatto e topo, nel quale spesso le parti spettacolarmente si invertono, per ritornare poi al punto di partenza. 

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Elephant Song è un film tratto da un’opera teatrale dallo stesso titolo di Nicolas Billon e il rischio di una semplice trasposizione sullo schermo di un dibattuto magari più adatto al palcoscenico è indubbiamente presente. Ma proprio per limitare tale rischio il regista ha cura di inserire dei riferimenti al passato dei due protagonisti. Attraverso due flashback uno iniziale  e l’altro nel corso del film, lo spettatore può rendersi conto di quanto abbia influito sui disturbi mentali di Michael il rapporto con la madre, cantante lirica famosa e col padre, cacciatore di elefanti come hobby preferito. Dall’altro canto l’improvvisato investigatore, il dott. Toby Green, ha una recente passato molto tormentato, con un matrimonio con l’infermiera capo Peterson naufragato dopo la morte della figlia e un presente lontano dall’essere tranquillo con un’altra donna (Carrie-Ann Moss).

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Le digressioni sui due protagonisti dovrebbero servire a rompere la possibile monotonia di un prolungato dialogo tra dottore e paziente, ma in realtà è proprio tale serrato dialogo il vero cuore del film, dal quale, tutto sommato, lo spettatore viene avvinto e vorrebbe distaccarsi il meno possibile. I due attori infatti dimostrano tutta la loro bravura in una sorta di gara di abilità dialettica che veramente lascia il segno, tra un insuperabile Xavier Dolan, che conferisce al personaggio del disturbato mentale un’abilità e furbizia per la quale è difficile discernere la verità dalla menzogna per le cose che afferma, e un espressivo Bruce Greenwood, che dà corpo ad un personaggio spesso irretito dall’abilità del suo interlocutore e sul quale pesano le cupe vicende del proprio passato. Le schermaglie, i ricatti e le minacce dei due protagonisti sono capaci di avvincere lo spettatore, che nel corso del film si chiederà sovente dove entrambi vogliano arrivare o quali limiti intendano varcare per raggiungere i propri scopi, fino al colpo di scena finale.
Si tratta dunque di un thriller più che mai psicologico, ove la verità sembra sempre in procinto si essere calata sul tavolo, come in un gioco di carte, ma alla fine, per poter finalmente giocare a carte scoperte, occorrerà alzare la posta oltre ogni possibile limite.

 

Fonte: rivegauche-filmecritica.com

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