(***) – AG.RF 11.06.2017
(riverflash) – La chiamano la guerra del petrolio, anche se camuffata da guerra di religione. La Siria galleggia su un lago di gas, forse il più grande del mondo, ma non è governata dai sunniti, cioè la maggioranza dei musulmani. Il presidente Assad è alawita, un credo vicino agli sciiti che governano l’Iran. Tanto petrolio e gas in mano agli sciiti, musulmani ritenuti devianti dai sunniti e dall’Isis, che combatte ogni potere. Sono 17 le vittime del doppio attacco, avvenuto il 7 giugno a Teheran, con kamikaze che si sono fatti esplodere nel parlamento iraniano e nel mausoleo dell’ayatollah Khomeini, l’uomo che mise fine alla monarchia laica dello Scià Reza Paalevi.
Questa la rivendicazione pubblicata dall’agenzia Amaq, citando una fonte di sicurezza: “I combattenti dallo Stato islamico (Isis) hanno attaccato il mausoleo Khomeini e l’edificio del parlamento a Teheran”. L’Isis, in seguito, ha pubblicato un video, mostrando quello che ha affermato è stato filmato all’interno dell’edificio del parlamento. Il video mostra un corpo insanguinato e senza vita di un uomo che si trovava a terra accanto a una scrivania.
Il presidente americano Trump ha ribadito l’alleanza con l’Arabia Saudita, a cui vende armi e acquista petrolio. Subito dopo è scattata l’emarginazione del Qatar. Mosse non facili da decifrare. Per il presidente Usa sarebbe proprio l’Iran la fonte principale, se non unica, del terrorismo e non l’alleata Arabia saudita. Eppure a denunciare le evidenti responsabilità di Riyadh sono persino i rapporti annuali del Congresso. Inoltre, mentre l’Iran, ha firmato un accordo sul programma di energia atomica, Israele non ha mai limitato la propria proliferazione nucleare.
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