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VILLINO FLORIO A PALERMO, LA CITTA’ DEL LIBERTY

1esterni villinodi Sabrina Sciabica (AG. RF. 10.01.2017)

(riverflash) – Tra le numerose testimonianze del gusto della famiglia Florio e della sua fruttuosa permanenza in Sicilia, si segnala un delizioso edificio Liberty a Palermo, rimasto chiuso per decenni, dopo un incendio doloso che lo aveva distrutto. Da qualche mese, grazie ai restauri che lo hanno riportato alla condizione originale, è finalmente aperto al pubblico. Si tratta del Villino Florio all’Olivuzza, su via Regina Margherita, oggi proprietà della Regione Siciliana.

Il progetto risale al 1899 quando Ignazio Florio diede all’architetto Ernesto Basile il compito di realizzare un edificio appena fuori dal centro, nei terreni di proprietà della famiglia, per Vincenzo, il fratello minore (poi ricordato come il fondatore della targa Florio). Nel 1900/1901 iniziarono i lavori e, una volta terminati, fu abitato soltanto per pochi anni da lui e dalla moglie, per poi diventare sede di rappresentanza per occasioni particolari.

Tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento il capoluogo siciliano, alla pari di Torino e Milano, fu investito dalla moda sinuosa ed elegante dello Stile Liberty, con architetti del calibro di Basile, decoratori eccellenti come Salvatore Gregoretti e arredatori come Vittorio Ducrot, che vi costruirono numerose palazzine realizzando una “città floreale” all’altezza delle altre capitali europee. A Palermo si fondò una scuola di progettisti e artisti decoratori dalla quale uscirono ebanisti, esperti nella lavorazione dei metalli, della ceramica, dei mosaici e del vetro.

Il Villino era la tipologia architettonica privilegiata in quanto, al contrario delle ville che per definizione, sorgevano fuori città, era vicinissimo al centro storico. Bisogna considerare che, in

2ramagequel periodo, dove si trova il Villino Florio, c’era soltanto campagna. Dalle terrazze sul tetto, quindi, era visibile un panorama che spaziava dal promontorio di Monte Pellegrino fino al mare.

Il Villino Florio, inoltre, fu un modello architettonico esportato all’estero, non soltanto perché splendido esternamente ma anche per la cura dei suoi interni, dei quali Basile stabilì ogni dettaglio.

Alle officine Ducrot fu dato l’incarico di creare un arredamento su misura; la stoffa da parati, ad esempio, era la stessa che ricopriva i divani dalle forme morbide e comode. I soffitti furono decorati con un intarsio raffinato nel ramage in legno ancora visibile.  La possente rampa in legno per salire ai piani nobili era decorata con fiori e tra una stanza e l’altra c’erano vetrate decorate a piombo. Anche le ampie finestre ad arco e le ringhiere delle scale d’accesso, così come quelle dei terrazzi, sono in ferro battuto con motivi floreali, in perfetto stile Belle Epoque.

Poco distante da questa costruzione, si trovano altre strutture simili come il Villino Favaloro Di Stefano a piazza Virgilio (che sarà chiuso a breve per un restauro totale) e la Casa Basile “Villino Ida” in via Sicarusa, 15. Anche uno dei più lussuosi hotel della città, il Grand Hotel Villa Igea, in via Papa Sergio I, è un progetto di Ernesto Basile, così come il chioschetto di Piazza Giuseppe Verdi, posizionato proprio davanti alla sua opera più famosa: il Teatro Massimo, il più grande edificio teatrale lirico d’Italia e tra i più grandi d’Europa, dopo l’Opera di Parigi e la Staatsoper di Vienna.

Tutti gioielli – fortunatamente preservati e fruibili al pubblico – di un periodo meraviglioso e proficuo in cui l’arte rispecchiava pienamente l’economia dell’isola, a quei tempi particolarmente florida e produttiva.

 

 

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