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ELOGIO DELLA FRAGILITA’, DI ROBERTO GRAMICCIA

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di Sabrina Sciabica (AG. RF. 09.11.2016)

(riverflash) –  “L’homme n’est qu’un roseau” sosteneva Pascal, rappresentando con un’appropriata metafora la condizione umana: fragile come un filo di giunco ma, allo stesso tempo, tenace e resistente. E di certo Roberto Gramiccia ha ben presente l’autore francese quando nel suo saggio, Elogio della fragilità, pubblicato da Mimesis edizioni, ci espone le sue idee a riguardo.

Partendo da esperienze autobiografiche e da riflessioni maturate nel corso degli anni, nel libro si affronta, in ogni capitolo, un tema specifico e si riflette su quanto la fragilità coinvolga numerosi aspetti della vita, persino la politica, la religione, l’idea di libertà.

Si parte da un bimbo e dalle sensazioni comuni a tutti di abbandono, paura, sconforto. Situazioni come rimanere al buio da soli per lungo tempo, oppure un incidente stradale, sono esempi concreti di quanto sia fugace e difficoltosa l’esistenza umana, sin dal suo inizio. E, siccome “l’uomo è una canna pensante”, continuando la citazione dal filosofo francese, l’autore suggerisce di riflettere e prendere al più presto consapevolezza della fragilità, come fece lui sin da bambino (dubitando, ad esempio, della mamma che alla domanda se morissero tutti, rispose per tranquillizzarlo che i bambini non morivano, soltanto gli anziani).

Ma c’è di più, perché il medico e critico d’arte Gramiccia, intesse la narrazione con analisi storiche ed episodi realmente avvenuti, talvolta ambientati nei quartieri della capitale, in cui ha vissuto e incontrato intellettuali e personaggi più o meno conosciuti. E, ancora, l’autore analizza le molteplici cause di questa fragilità.

Tutto ciò è intriso di citazioni di Hemingway, Baudelaire, Pavese, Leopardi, e di altri pensatori dei quali Gramiccia espone e condivide la visione. A questo proposito, è molto apprezzata la lista delle Letture consigliate in cui si spazia con titoli che vanno dalla poesia alla filosofia, alla medicina, all’economia.

Una volta riconosciuta e accettata, la fragilità va trasformata in stimolo perché il rischio più grande per l’essere umano è che essa provochi annichilimento (timore ben presente nella scrittura di autori come Sartre e Camus). Invece, scrive Gramiccia, bisogna trasformarla in azione: “Ci vorrà più coraggio, quella cosa che ti viene quando riesci a trasformare la fragilità in forza”.

E, soprattutto, non bisogna sottovalutare l’aiuto dell’arte come possibile via di fuga, come speranza e “vacanza dello spirito” perché “l’artista sfida il tempo e la morte”. E a questo argomento sono dedicate interessanti pagine che sottolineano la sensibilità degli artisti poiché creatività e fragilità non possono che essere profondamente legate. L’autore si spinge ben oltre con una chiara analisi del decadimento dell’arte contemporanea, da quando “i processi di mercificazione” ne hanno distrutto il valore.

Leggere Gramiccia è, quindi, una piacevole passeggiata nella cultura internazionale. Sembra di ascoltare una persona che ha letto tanto, tantissimo e di ogni argomento. Ma, allo stesso tempo, non si è mai annoiato o lasciato appesantire da linguaggi e parole astruse. Al contrario, si tratta di una lettura gradevole e molto scorrevole che denota l’apertura mentale di uno studioso, una persona stimolante ed equilibrata che cerca, insieme al lettore, di trovare un senso, o almeno un collegamento, tra i vari (e spesso inspiegabili) avvenimenti che questa disordinata quotidianità ci impone.

 

 

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